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Ramones – Rocket to Russia

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Il 1977 è a ragione considerato l’“anno zero” del punk-rock: esordiscono Clash e Sex Pistols, e i Ramones danno alle stampe il loro terzo album, “Rocket to Russia”.

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L’esordio del quartetto newyorkese, avvenuto nel marzo 1974, può essere a buon titolo considerato uno dei più importanti di tutti i tempi: essi presero il rock’n’roll degli anni ’50, lo spolparono fino all’osso e lo risputarono sotto forma di un mare di suoni distorti di chitarra e di ritmiche martellanti, accompagnate dalla voce particolare, unica ed inconfondibile del mai troppo ricordato Joey Ramone. Nel loro percorso di recupero della musica degli anni ’50 e dei primi anni ’60, e della personalissima rilettura che fanno di essa, i Ramones pongono sia le basi del neonato movimento punk, sia di una solida carriera più che ventennale durante la quale i quattro hanno affinato il loro oramai celeberrimo sound: canzoni veloci ed orecchiabili, risultato di una felice unione tra rock’n’roll, garage e surf-rock, ancora fresche e di piacevolissimo ascolto anche a distanza di quarant’anni. “Rocket to Russia” contiene tutti gli elementi sopra citati e li utilizza in modo estremamente funzionale e riuscito, guadagnandosi il titolo di capolavoro. Tutte le canzoni in esso contenute (a cominciare da “Sheena is a punk rocker”, non a caso la canzone più conosciuta dell’album e uno degli inni del gruppo) sono diventate celebri al grande pubblico, e sono considerate ormai dei classici: “Rockaway beach”, piccolo gioiello surf-rock in pieno stile Ramones; “Teenage lobotomy”, rock’n’roll aggressivo e capace di far muovere chiunque anche al millesimo ascolto; la cover “Surfin bird’”, una tra le tante canzoni risuonate e fatte loro dai Ramones. “Rocket to Russia” (come del resto buona parte della carriera del quartetto) è, nella sua spensieratezza e semplicità (apparente, si badi bene), uno dei più pregiati gioielli musicali di tutti i tempi.

Flavio Talamonti