Bruce Springsteen incendia l’arena di Rock in Roma con un concerto eccezionale, dopo quattro anni di assenza dalla Capitale
L’hanno già ribattezzato “l’imperatore di Roma”, e con ben 35.000 biglietti venduti si può ben dirlo. Il Boss, questo il soprannome ormai celebre di uno dei live performer migliori al mondo, si attesta oggi come la vera star di Rock in Roma, il festival che si svolge ogni anno all’Ippodromo di Capannelle e che quest’anno ospita una nutrita schiera di “big” nel suo cartellone.
Ma il fascino di Bruce Springsteen resta inalterato nel tempo e nello spazio e si innalza vertiginosamente nei live. Il suo sound celebre, le sue canzoni piene di energia, dai pezzi storici a quelli meno noti, ha letteralmente incendiato di passione il pubblico della Capitale, che attendeva da ben quattro anni un nuovo live di questa leggenda vivente.
Dopo il blues dei Cyborgs, gruppo di apertura, si attende con impazienza l’arrivo della star del New Jersey, seguita dalla collaudata E Street band, che supporta il Boss dal 1972. E il momento, quando arriva, mentre il sole tramonta, è catartico, con un’apertura lunga, intensa e condivisa con il pubblico: “Spirit in the night”. Si prosegue con una scaletta davvero fittissima e variegata con “My love will not let you down”, per proseguire con “Badlands”, “Death to My Hometown”, “Roulette”, fino ad arrivare ad uno splendido pezzo raro mai ascoltata durante questo tour (e un regalo a Roma visto che non la suonava da anni), “New York City Serenade”, eseguito con una selezione d’archi della Roma Sinfonietta. Un brano coinvolgente e spettacolare, di grande fascino ed atmosfera, che ha lasciato senza fiato le migliaia di persone in contemplazione.
Tanti anche i momenti di complicità tra Bruce e la sua E Street Band, una vita artistica trascorsa insieme, che ha portato ad un momento pregno di emozione e commozione, durante il ricordo dello scomparso sassofonista storico della band, Clarence Clemons detto “Big Man”, deceduto a 69 anni a causa di un ictus cerebrale. Oggi il nuovo sassofonista di Springsteen è Jake Clemons, nipote del membro scomparso. Tante generazioni, dunque, che si mescolano e si uniscono sotto il segno del rock-blues, sopra come sotto il palco. Il pubblico che ha riempito e animato l’arena di Capannelle, infatti, è stato un tripudio di fasce di età diverse, a prova che la musica, quando è buona, non ha né tempo né scadenza. E con il suo pubblico Bruce si rigenera continuamente, in un dare e avere senza paragoni nella scena musicale: si mescola con il pubblico, lo cerca, lo invita sul palco, ci balla, ci canta, ci suona, il tutto rispettando sempre perfettamente i tempi per la distribuzione dello show.
In tre ore e mezza di concerto, effettive e senza pause, sono andati via altri pezzi come “Sche’s the one”, “Bobby Jean” e “Kitty’s Back”, per approdare a ben due bis, di cui il primo aperto con una delle canzoni rock più famose al mondo, “Born in the USA” e proseguito con l’altro pezzo da novanta “Born to run”.
Lo spettacolare live di Springsteen si chiude con “Thunder Road”. Un’altra tacca nella storia della grande musica rock è stata segnata, in un concerto che i molti fan, di certo, e i molti neofiti, soprattutto perché non abituati, non dimenticheranno facilmente.
Foto: Andrea Veroni
Serena Savelli