Home Cultura Musica e Rumori di Fondo

The Cure – Wild Mood Swings

Gli anni a cavallo tra gli ’80 e i ’90 hanno regalato ai Cure un successo interplanetario

 

 

Ads

Infatti sia “Disintegration” (1989) che “Wish” (1992) sono riusciti ad allargare enormemente il circuito degli ascoltatori della band inglese, grazie anche alla realizzazione delle hit più popolari e radiotrasmesse come “Lullaby”, “Friday I’m in love” e “Pictures of you”. Ma è l’album successivo del 1996 che segna una nuova svolta e un ennesimo punto di rottura con il passato: “Wild Mood Swings”. Un disco quasi interamente concepito e realizzato da un uomo solo al timone: Robert Smith. Infatti, dalla fine del tour di “Wish” diverse cose erano cambiate nel gruppo: Porl Thompson aveva lasciato la band per unirsi a Robert Plant e Jimmy Page, così come Boris Williams aveva deciso di proseguire verso altri percorsi di sviluppo personale. E lo storico bassista Simon Gallup si era preso un periodo sabbatico per risolvere problemi personali legati ad usi e abusi di varie sostanze. Pertanto il folletto di Blackpool si libra spaziando tra sperimentazione, ballate sorridenti, meravigliose riflessioni decadenti e malinconiche in perfetto Cure-style.

“Wild mood swings” ha spaccato i fans più legati a sonorità darkwave e post punk, troppo ciechi da non riconoscere un’impalcatura da capolavoro: 14 tracce di cui 3 un po’ annacquate e fuori contesto (“The 13th”, “Strange Attraction”, “Round&Round”) e altre 11 meravigliose, intense, vibranti, che rappresentano la piena maturazione stilistica della band. Accostatevi all’ascolto con: “Want”, aggressiva e cupa, “Jupiter Crash”, sognante e dolce, “Bare”, nuda come il titolo.

David Gallì