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The massive lightness of the essence – E.T.E.R.E.

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Improvvisazione libera e tecnologie elettroniche e digitali

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Utilizzo le mie capacità nel modo più completo, il che, per un’entità cosciente, è il massimo che possa sperare di fare”, Hal 9000 (doppiato da Douglas Rain) in “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, 1968

Una delle caratteristiche fondamentali che caratterizzano la maturità (se non addirittura l’invecchiamento precoce) di un individuo, è la trasformazione dei suoi ricordi ed esperienze di infanzia e adolescenza in totem monolitici da venerare e rispettare senza mai essere messi in discussione, e in materia prima di natura divina da paragonare alle mode, alle tendenze e ai gusti delle generazioni più giovani, anch’esse impegnate in una strenua lotta col genere umano tutto, per trovare il loro posto nel mondo a suon di pantaloni col cavallo ad altezza ginocchia e pettinature che neanche il Joker di Batman sotto stupefacenti (ebbene sì, sto invecchiando anche io). Anche se agli opposti della medesima situazione, entrambi i casi in esame giungono alla medesima conclusione: ciò che ho vissuto o che sto vivendo nell’età più importante della mia vita, quella che ha formato l’uomo o la donna che sono o che sta formando l’uomo o la donna che sarò, è per me la pietra di paragone tra ciò che sono realmente (o che presumo di essere) e ciò che gli altri mostrano di sé, e che a me fa spesso paura perché – a torto o a ragione – non riesco o non voglio capirlo. Questa particolare lettura dell’esistenza coinvolge (e non per ultima) anche la musica, sia per quanto riguarda gli ascoltatori, sia per chi si trovi dall’altra parte della barricata, quella della composizione. E spesso – oltre ai facili guadagni di chi si trova nelle alte posizioni delle classifiche – questo attaccamento a ciò che si è sempre fatto senza prendersi il rischio di un cambiamento, è il motivo del ristagnare di molte carriere musicali, anche (e più colpevolmente, a mio avviso) in ambito indipendente. E.T.E.R.E., progetto romano di improvvisazione libera basato sulle tecnologie elettroniche e digitali, ha fatto della continua ricerca e del continuo non definirsi una cifra stilistica: e la mancanza di definizione, in questo caso, non è dettata dalla confusione o dalla non consapevolezza del punto di arrivo, ma dalla sicurezza e nei propri mezzi e nella propria voglia di viaggiare e di sperimentare, sapendo che l’importante non è l’approdo, ma il viaggio compiuto nel tentativo di raggiungerlo. Non c’è alcuna struttura riconoscibile nel progetto E.T.E.R.E., né nel loro ultimo lavoro “The Massive Lightness Of The Essence” (Nevrasse Records). Registrazione dal vivo di un’ora di improvvisazione in studio, questo disco possiede una solidità che spiazza, fin dalla prima nota; se non c’è nessun genere a cui assimilare il progetto e i suoi componenti, è altresì vero che loro stessi sono totalmente consapevoli della loro capacità di sapersi muovere in tutte le direzioni con estrema credibilità al di fuori degli stilemi più riconoscibili, compresi quelli dell’idea comune che si ha del concetto di improvvisazione, perché nel loro caso non ci si muove su strutture consolidate, come ad esempio il blues o il jazz, ma seguendo solo ed esclusivamente la propria natura. Le capacità dell’uomo alla massima potenza.

Flavio Talamonti