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Riccardo III: la brutalita’ e l’avidita’ del potere

Chiude con lo spettacolo di Marco Carinti la stagione del Globe Theatre

Giunto alla nona stagione il Globe Theatre non sorprende più ma è diventato una certezzza. Altra intensa stagione shakesperiana quella dell’estate 2011, che in questi giorni, fino al 18 settembre, vede in scena Riccardo III, riadattato e curato da Marco Carinti.
Riccardo III di York è un personaggio sottratto al passato e consegnato alla storia grazie a Shakespeare, che in quest’uomo assetato di potere ha concentrato gli atteggiamenti, gli accenti e le pose più deprecabili, rendendolo un simbolo di avidità e cupidigia, il cui corpo restituisce la carta geografica di una bassezza umana che non ha concorrenza nella storia del teatro. Secondo figlio, gobbo, costretto ad assistere all’ascesa di un fratello che non esiterà a tradire per impossessarsi del regno, corruttore, capace di sposare la donna alla quale ha ucciso padre e marito, fine stratega del complotto e portatore insano di bramosia. Questo il ritratto piano di scalfiture di questo antieroe per definizione che rapì Shakespeare e che oggi preme gli spettatori contro la poltrona. La sua vita è un discorso macabro intorno al potere, un’orbita inarrestabile del declino umano che, paradossalmente, coincide con la realizzazione della massima ambizione, governare la corona. E una volta che quella corona è ben piantata sulla testa di Riccardo il dramma prende corpo e coinvolge anche il carnefice, la sua interiorità. La spirale di cattiveria è così vorticosa da confondere egli stesso che, ottenuto quello che vuole, ne viene risucchiato. Le scorie lasciate dietro di sé non sono mai scomparse e tornano a mordere le caviglie di un sovrano che si ritrova solo e isolato. Un senso di precarietà e abbandono che Carinti ha scelto di rendere con una metafora altamente evocativa, il ponte. Non un semplice ponte, non la sicurezza dei pilastri ma la precarietà di un ponte sospeso, un continuo traballamento il cui inganno più vistoso è il tappeto rosso che riveste la passerella. Come a rendere ammaliante il potere è la sua essenza, che però si rivela effimera, soprattutto quando conquistarla vuol dire riscattarsi da una condizione di inferiorità, non sociale ma umana, da una vita in sordina e all’ombra, da una vita che è stata solo la gestazione di un infinito rancore. Una negatività che guadagna consistenza, oltre che nella bruttezza del protagonista, nei suoi racconti e nel suo continuo interloquire col pubblico, come fosse un alter ego, uno specchio giudicante. Da ultimo il senso di un’opera così densa e così spessa ci viene chiarito proprio dal regista, che ha detto: “Vedo questo spettacolo come un incontro psichiatrico con il ‘mostro’ che è in tutti noi”. E dunque vedere Riccardo III che tenta di creare e mantenere un equilibrio sul baratro della sua natura più oscura vuol dire confrontarsi con le nostre zone d’ombra, con il giovane assetato di potere che si agita di tanto in tanto dentro di noi, con le nostre frustrazioni e le nostre reazioni, inevitabili, ad esse.

Riccardo III, adattamento e regia di Marco Carinti, traduzione di Enrico Groppali
Fino al 18 settembre
Globe Theatre (Villa Borghese)
http://www.globetheatreroma.com/

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Stefano Cangiano