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I-60 e Fosso delle Tre Fontane: è scontro a tutti i livelli

fosso ripristino

Per Comune, PD municipale e costruttori il fosso non c’è, mentre il Presidente Catarci ribatte: “Nessun documento, solo chiacchiere da Bar”

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IL FOSSO DELLE TRE FONTANE – Come in tanti altri casi quando le posizioni si scontrano su atti, documenti e deliberazioni, non è facile prevedere quali possano essere gli sviluppi di una vicenda. Questo è certamente il caso dello scontro che si sta consumando in queste ore sul Fosso delle Tre Fontane e sul collegato intervento urbanistica denominato I-60. Nei giorni scorsi il Municipio VIII ha annunciato l’imminente dissequestro dell’area, effettuato ad opera della Procura dopo l’inizio dei lavori di ripristino dell’alveo e una diffida dei costruttori. Allo stesso tempo ha presentato alla stampa un documento del MiBACT che, a quanto è stato affermato dalle autorità municipali, apporrebbe nuovamente il vincolo paesaggistico sull’area. Tale vincolo, qualora fosse accertato, potrebbe incidere notevolmente sulle edificazioni circostanti. Imponendo una fascia di inedificabilità di 150m si andrebbero ad intaccare indici e standard urbanistici tali da dover rivedere il progetto e le cubature.

PER IL CAMPIDOGLIO IL FOSSO NON C’È – Dopo poche ore dall’annuncio del Presidente del Municipio VIII, Andrea Catarci, e dell’assessore municipale all’Urbanistica, Massimo Miglio, si sono susseguite le repliche dell’Assessorato centrale e del PD municipale. L’assessore Giovanni Caudo ha preso immediatamente una posizione diametralmente opposta a quella del minisindaco Catarci: “L’unico fatto concreto a proposito del Fosso di Tre Fontane avvenuto in queste ore è il dissequestro dell’area disposto dalla Procura perché il fosso è stato seppellito già nel 1980, a seguito della realizzazione di via Ballarin”. Dall’assessorato arriva quindi la stoccata al Municipio VIII e alla battaglia portata avanti assieme ad Associazioni e comitati cittadini: “Non possiamo che ribadire, mentre si diffondono notizie prive di fondamento, l’unico dato di fatto: il comprensorio urbanistico in corso di attuazione rispetta tutti i vincoli e ha tutte le autorizzazioni necessarie acquisite già nel 2010 compreso quello del Municipio. Nel pieno rispetto delle regole e dell’interesse generale”.

IL PD MUNICIPALE CONTRO LA PRESIDENZA – Perfettamente allineati alla posizione dell’Assessorato centrale i Dem municipali, con la Consigliera e Presidente della Commissione Urbanistica, Antonella Melito, assieme al Capogruppo, Federico Raccio, che attaccano il Presidente Catarci e gli annunci fatti alla stampa: “Catarci non illuda i cittadini con i suoi comunicati. Nella comunicazione interna del Ministero che è stata fornita da Catarci è espresso un parere sulla apertura della procedura di apposizione del vincolo sull’area del fosso, ne prendiamo atto e seguiremo il lungo iter previsto dalla normativa con attenzione e rigore”. Una procedura lunga e complessa secondo i due consiglieri, che non si può semplificare già da ora con una apposizione di vincolo “come ha fatto il Presidente Catarci probabilmente tratto in errore dall’assessore Miglio – aggiungono – è un grave abbaglio che rischia di illudere i cittadini e le associazioni ambientaliste”.

SOLO CHIACCHIERE DA BAR – Dal Municipio VIII il Presidente Catarci non cede di un passo, rimane convinto della riapposizione del vincolo da parte del MiBACT: “Mentre il Municipio diffonde atti concreti, come da ultimo quello del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali con cui viene riapposto il vincolo paesaggistico, altrettanto non può dirsi dell’Assessore comunale alla Trasformazione Urbana Caudo, che si rifugia in chiacchiere da bar prive di ogni riscontro”. Il minisindaco non si risparmia nell’affondo contro l’assessorato: “L’Assessore Caudo, che si spinge oltre il ragionevole nella difesa degli interessi dei privati ignorando l’interesse pubblico, non si illuda. Il Municipio istituzionalmente competente non si ferma neanche davanti a tanti fantasiosi teoremi ed al goffo tentativo di strumentalizzare alcuni esponenti locali della maggioranza – prosegue Catarci -, al fine di ridurre una importante questione di salvaguardia del territorio ad una piccola diatriba tra forze politiche”.

SULLA POSIZIONE DELL’ASSESSORATO – Per il Municipio la ricostruzione fatta dell’Assessorato sul destino del Fosso non sarebbe plausibile: “Se fosse stato davvero seppellito nel 1980 da via Ballarin, avrebbero scritto atti falsi l’Autorità di Bacino del Tevere, l’Area Difesa Suolo della Regione Lazio, L’Istituto Geografico Militare, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e la Polizia Giudiziaria – spiega Catarci – Avrebbe mentito anche il Tecnico incaricato di individuare, con strumentazione topografica, il tratto del Corso d’acqua, che ne ha evidenziato ineludibilmente la presenza all’interno dell’area di cantiere e non certo al suo esterno. Inoltre – conclude – non si capirebbe perché il consorzio di costruttori intendesse pagare quasi 300 mila euro per sdemanializzare un Fosso che non c’era più da 35 anni”.

LA REPLICA DELL’AIC – Sul dissequestro dell’area è intervenuto in una nota anche Riccardo Farina, presidente dell’AIC (Associazione Italiana Case), inserita nel pool di costruttori che formano il Consorzio Grotta Perfetta. In prima battuta dall’AIC rivendicano il dissequestro da parte della Procura che, a quanto affermato: “a seguito dell’istanza presentata dalla Difesa del Consorzio Grotta Perfetta, ha dissequestrato l’area del presunto alveo del Fosso delle Tre Fontane. Vengono così a cadere le fantasiose e farneticanti accuse formulate dalla Presidenza del Municipio VIII, per presunte opere illegali di distruzione del fosso e della vegetazione, così come tutte le altre accuse contenute nel provvedimento di sequestro”. Il Presidente Farina si rifà alla posizione assunta da Caudo, cioè che il fosso sarebbe scomparso nel 1980 a seguito dell’edificazione di via Ballarin: “È ormai appurato che il Fosso delle Tre Fontane non esiste, nel tratto interessato dalla convenzione urbanistica, in quanto il bacino idrico è stato completamente modificato nel tempo dalle opere pubbliche e private ricadute nel territorio”. Più dure, rispetto a quelle dell’assessorato e dei Dem municipali, le parole riservate alle azioni del Municipio, delle Associazioni e dei Comitati cittadini: “Il Consorzio AIC, che si è sempre battuto contro le argomentazioni false del municipio, plaude al ripristino della legalità, esprimendo apprezzamento verso l’opera dell’Autorità Giudiziaria che ha ripristinato la certezza del diritto – concludono dall’AIC – Il Consorzio AIC, ringrazia la sua base sociale, che insieme alla cooperativa si è battuta per la difesa del diritto e della liberta, ostacolata in tutti i modi da alcuni esponenti del Municipio e da pseudo comitati e forze contrarie ad un sano e ordinato sviluppo del territorio dell’economia”.

TRA PROCURA E MIBACT – Anche l’Associazione Italia Nostra, vicina al Municipio in questa vertenza, ha criticato la posizione assunta dall’Assessore Caudo, ponendo una domanda che ci sembra fondamentale per dipanare questa complessa vicenda: “Ma la Procura e il PM sono a conoscenza dell’ampia e documentatissima presa di posizione del 14.07.15 del MiBACT che invece dichiara che il fosso esiste e non è intubato?”. Una domanda alla quale al momento non è facile dare una risposta, ma che potrebbe chiarire i contorni ancora oscuri di questa vicenda.

Leonardo Mancini