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Sanita’, a rischio dismissione il Cto: taglio di 100 posti letto

La Regione cala la mannaia sulla Sanità regionale: nel mirino anche l’ospedale della Garbatella. Accuse anche dai sindacati.

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È un destino segnato quello della Sanità del Lazio e della sua Capitale. A seguito della firma da parte del Commissario regionale Raniero De Filippis, che consente definitivamente il trasferimento all’Ipab San Michele delle strutture che prima si trovavano a p.za Pecile, arriva subito un nuovo allarme. Il 1 giugno il Presidente della Regione Renata Polverini (che ha avocato a sé le responsabilità sulla Sanità all’atto della formazione della Giunta ed è anche Commissario di governo per il Piano di rientro del disavanzo sanitario del Lazio) ha presentato i 12 decreti del nuovo piano sanitario regionale ai tecnici del Ministero del Tesoro. I provvedimenti hanno come scopo principale il risanamento di conti su cui adesso grava ancora un deficit di 1 miliardo e 600 milioni di euro. Altri obiettivi sono lo sblocco dei FAS (Fondi aree sottoutilizzate) che si tradurrebbero per la Regione in un trasferimento di 420 mln e che eviterebbero l’altrimenti necessario aumento delle aliquote IRPEF e IRAP. Vale la pena ricordare che i cittadini del Lazio attualmente sono già tra quelli che pagano di più in Italia e che, in particolare per i cittadini romani, è già previsto un aumento dell’addizionale IRPEF dello 0.4% per il prossimo anno. Quella che Polverini ha definito una “rivoluzione sanitaria” passa attraverso la “riconversione” di 10 ospedali distribuiti tra le province romane (Amatrice, Ronciglione, Montefiascone, Sezze, Gaeta, Ceccano, Zagarolo, Rocca Priora, “Spolverini” di Ariccia e parte del Centro Paraplegici di Ostia) che da presidi ospedalieri diventeranno Residenze per soggetti non autosufficienti (Rsa), malati cronici e affetti da patologie degenerative. Nella pratica si tratterà di veri e propri tagli, poiché verrà meno la natura e la funzione di ben 2.492 posti letto considerati in esubero rispetto alla media nazionale. Ad essere eliminati saranno nel dettaglio 666 posti letto per malati acuti, 1.203 per la riabilitazione e 623 per la lunga degenza. E tra questi sono presenti anche i 100 posti letto del Cto Alesini di via Nemesio, un ospedale già fortemente ridimensionato della Giunta Marrazzo, e per il quale era stata ventilata più volte l’ipotesi della chiusura. Per questo dal Municipio XI è partita la protesta del Presidente Andrea Catarci e del Delegato alla Sanità Antonio Bertolini che, assieme ai Consiglieri regionali Luigi Nieri e Giulia Rodano e ai rappresentanti sindacali, il 3 giugno hanno manifestato contro il provvedimento della Polverini. Catarci ha definito il piano sanitario “puramente ragionieristico”, insistendo sul fatto che “l’inevitabile e drammatica dismissione” del Cto, oltre a rappresentare una grave perdita di reparti fondamentali e specializzati come l’Unità spinale, negherebbe alla popolazione dei quartieri vicini, che è una delle più anziane della Capitale, servizi importanti come il Pronto Soccorso e l’Eliporto. Sull’atteggiamento di Polverini ha delle riserve anche Rodano che, attaccando una manovra a suo dire “demagogica e inefficace”, critica la mancata convocazione delle organizzazioni sindacali in un momento così “delicato”. Bertolini ha invece ribadito come “quella per il Cto non sia una battaglia per il giardino di casa propria ma per una struttura utile e necessaria alla città e a tutta la Regione” sottolineando come la disattivazione dei posti letto senza un contestuale potenziamento dell’assistenza intermedia e di base “potrebbe non garantire un’adeguata risposta ai bisogni di diagnosi e cura”. Nieri ha evidenziato le ripercussioni sull’occupazione che avrà il piano sanitario, con la perdita del posto di lavoro per 1.500 precari e proprio per questo ha annunciato l’iniziativa “Viaggio nella Sanità del Lazio”, che consisterà in una serie di incontri con gli operatori dei presidi sanitari. Di fronte a una simile prospettiva anche i sindacati tengono a dire la loro. Cinque, della UIL, è stato netto: “Il gioco è chiaro, bisogna far morire il pubblico per consentire al privato convenzionato di assorbire utenti e finanziamenti”. Zarelli della CGIL ha parlato di un Cto che “sta già morendo lentamente e che invece di ulteriori tagli necessiterebbe di un rilancio della vocazione traumatologica attraverso il potenziamento del circuito legato all’emergenza, preposto a salvare la vita alle persone: chirurgia generale, eliporto e pronto soccorso”. A levarsi contro la protesta è Simone Foglio, Consigliere Pdl del Municipio XI, che critica aspramente le forze di sinistra: “Si è fatta una propaganda di basso profilo sulla pelle della gente da parte di politici che nei loro 5 anni di governo della Regione non sono riusciti a trovare una soluzione per arginare ed eliminare il deficit”. Foglio ha inoltre offerto un dato differente: “Il saldo negativo sarebbe solo di 4 posti-letto, un prezzo accettabile da pagare nell’ottica del risanamento dei conti”. Tra gli altri provvedimenti del Piano sanitario c’è la divisione in 4 macroaree che accorpano ospedali distanti tra loro e di diverse province, quindi non secondo una logica di continuità territoriale, una decisione che punta a ridurre le Asl regionali da 12 a 8. Prevista anche l’istituzione di una “Centrale Acquisti” il cui compito sarà quello di vigilare sulle spese e di un “Nucleo regionale di controllo sanitario” in cui coinvolgere le Forze dell’Ordine. Concludiamo riportando alcuni passaggi sul recente studio del Dipartimento Welfare e Politiche Sociali della CGIL: “La Sanità nel Lazio è sempre più vicina al sud del paese” a firma di Giorgio Cerquetani. Dall’analisi, condotta sui dati forniti dal Ministero della Salute e su indicatori valutati dalla Scuola Superiore “Sant’Anna” di Pisa, emerge un quadro di estrema criticità per la Sanità regionale sintetizzabile in quattro problemi principali: l’eccesso di servizi ospedalieri, l’eccesso di offerta rispetto alla domanda reale di sanità, elevati costi del servizio sanitario regionale, servizi di eccellenza ben al di sotto rispetto alla quantità di strutture e risorse impiegate. Se ne conclude che si rende necessaria una “riorganizzazione dell’intera rete deospedalizzando le cure in favore del territorio”, cioè il trasferimento contestuale delle cure dall’ospedale al territorio. Vengono proposte anche alcune “azioni possibili”, tra cui segnaliamo quelle a medio termine: riduzione delle liste d’attesa (principalmente attraverso il potenziamento dei CUP); continuità assistenziale h24 (attraverso il potenziamento dei Pronto Soccorsi); trasparenza e controlli sulla spesa; nuove regole per la nomina dei direttori generali delle ASL e per qualsiasi altro incarico dirigenziale (utilizzare il merito e non la politica come criterio di assunzione attraverso la creazione di apposite commissioni di esperti). Per quest’ultimo punto l’occasione si offre subito, data l’apertura imminente del bando per la nomina dei nuovi Direttori Generali. 

Stefano Cangiano