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Sanita’ in continuo movimento tra mille difficolta’ nel Municipio XI

Da Garbatella a Tor Marancia, da viale dell’Arte a via Carnera, trasferiti ambulatori e uffici, con la spada di Damocle del Piano di Rientro che incombe su tutta la sanità regionale.

Non scopriamo adesso che la situazione della sanità regionale e in particolare capitolina è difficile. Le notizie buone sono poche e sempre soggette ad una volontà politica tendenzialmente labile, come nel caso della Fondazione Santa Lucia, per la quale è stato scongiurato da poco il pericolo del licenziamento collettivo di 241 operatori sanitari grazie alla sentenza del Tar del 29 gennaio. Ora toccherà alla Regione impegnarsi per il risanamento del debito di 8 mln contratto dalla Fondazione nei confronti dell’Inps.
Ancora più recente è stata la decisione di trasferire gli uffici e gli ambulatori di piazza Pecile (Garbatella) presso l’Istituto Romano di San Michele di piazzale Antonio Tosti (Tor Marancia). Nel dicembre 2009 i Vigili del Fuoco avevano dichiarato la parziale inagibilità della struttura,  un palazzo di sette piani di proprietà dell’Enasarco, per questo motivo alcuni servizi erano rimasti presso questa sede ed altri erano stati provvisoriamente trasferiti in via Malfante e soprattutto all’interno del CTO Andrea Alesini di via San Nemesio. Qui in effetti si è concentrato il grosso degli ambulatori e degli sportelli (il 70 %). Come prevedibile una tale situazione emergenziale ha portato con sé una confusione difficilmente gestibile e la riduzione della diffusione sul territorio dei servizi sanitari, ora praticamente accorpati nel solo CTO. Per esempio a destare preoccupazione è la coabitazione forzata tra CIM (Centro di Igiene Mentale) e CAD (Centro Assistenza Domiciliare), sportelli che fino allo sgombero di piazza Pecile avevano spazi riservati e ben divisi. Ciò che più preme al Presidente dell’XI Municipio Andrea Catarci (Sinistra, Ecologia e Libertà) è il trasferimento degli uffici e degli ambulatori all’Istituto San Michele che, lo ricordiamo, è un IPAB, cioè un’Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza, la più grande di Roma. Qui sarebbero riuniti tutti i servizi per la cittadinanza (amministrativi e ambulatoriali) garantendone così la territorializzazione (spostamento delle risorse dall’ospedale al territorio, in questo caso conseguente allo sganciamento dal CTO) ed evitando un’eccessiva frammentazione nell’area del Municipio. Per di più si ridurrebbe anche la spesa, passando dai 220.000 euro annui per la locazione del palazzo di piazza Pecile ai 180.000 del San Michele. Catarci ricorda le numerose sollecitazioni del Municipio e a proposito del ritardo nella firma del contratto tra la Regione e il San Michele rassicura: “È già stata stabilita una somma per l’affitto, a giorni arriverà la firma delle parti e sarà possibile iniziare a trasferire materiali, attrezzature e personale”. Il Delegato alla Sanità dell’XI Municipio Antonio Bertolini (Pd), sottolinea l’impegno trasversale nel Municipio di tutte le forze politiche per la tutela dell’offerta di “servizi alla persona”, parla di una “situazione drammatica” e richiama l’attenzione e l’impegno concreto del Comune: “In futuro auspichiamo che anche il Comune di Roma si adoperi per supportare il disagio dei cittadini indicando possibili  soluzioni di nuove locazioni per servizi sanitari essenziali alla popolazione”. Le preoccupazione più forte del Municipio XI si concentra però sulle sorti del CTO, da sempre un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere, nonché un centro d’eccellenza della sanità pubblica per quanto riguarda l’unità spinale, l’urologia, la neurochirurgia e altri reparti, che sono già stati gravemente colpiti (dai 246 del 2008 ai 130 attuali) e rischiano di scomparire a causa del Piano di rientro della spesa sanitaria. Questo provvedimento, stabilito dal governo nazionale nel 2007 mirava ad eliminare il disavanzo di gestione e a ristabilire in un triennio l’equilibrio economico-finanziario della Regione, ente che ha competenza diretta sulla sanità. Tuttavia sono numerose le “vittime” che ha lasciato dietro di sé, non da ultimo l’Ospedale San Giacomo, costretto alla chiusura nel 2008. Proprio questo è il pericolo che si vuole scongiurare per il CTO. Il Presidente Catarci ricorda come nel corso del tempo si siano susseguiti diversi documenti interni  dove, nell’ottica della diminuzione di spesa, si ipotizzava la trasposizione di servizi al Sant’Eugenio o addirittura la chiusura. Il Presidente ritiene che un atto del genere sia impensabile ed è convinto del valore insostituibile del presidio ospedaliero di via San Nemesio, in particolare sottolinea la necessità di “riaffermarne la vocazione traumatologico-ortopedica preservando anche gli altri reparti, in particolare il Pronto Soccorso e la Breve Osservazione, attraverso l’aumento dei posti letto”. Posti letto che sono ancora toppo pochi per il Delegato alla sanità Bertolini, che porta anche l’esempio di Medicina Generale, dove la disponibilità è di 20 posti letto per una popolazione di 140.000 persone. A generare la preoccupazione di Bertolini è anche il mancato accreditamento della Clinica Annunziatella, precedentemente riconosciuta come struttura convenzionata dalla Regione. “L’Annunziatella -osserva Bertolini- è stata falciata dal Piano di rientro, una struttura dove ogni anno venivano gestiti 980 parti, con un reparto di ostetricia e ginecologia efficientissimo e all’avanguardia, completo di sale operatorie, che ora è completamente inutilizzato. Dalla Regione sembrano arrivare voci rassicuranti, il Consigliere Enzo Foschi (Pd) conferma la volontà da parte del Consiglio regionale di preservare e favorire l’attività del CTO. Afferma: “Il piano di rientro ha costituito una difficoltà per tutto il sistema ospedaliero, i commissari non hanno tenuto conto nemmeno del rapporto abitanti/posti-letto ma c’è stato un accordo tra enti pubblici, professionisti e sindacati per rilanciare l’ospedale CTO”. Foschi sottolinea anche come la discontinuità nella gestione dell’Asl RMC non abbia consentito un lavoro mirato e specifico ed è critico per voci di spesa assai ingenti come le consulenze non mediche, su cui la Regione aveva posto un termine che ne prevedeva la riduzione del 50%. Purtroppo i parametri del Piano di rientro non consentono assunzioni ponderate ma Foschi non ha dubbi: “Bisogna cambiare le modalità con cui si nominano i direttori generali e i primari, nella gestione serve una continuità che un’ingerenza così forte della politica non garantisce, è necessario ritornare ai curricula per selezionale liberamente e con equità il personale dirigenziale”.
Dalle associazioni sindacali i commenti non sono rassicuranti. Franco Ganini, Responsabile della Sanità Territoriale della CGIL, non usa mezzi termini per esprimere l’incertezza che regna tra i dipendenti del CTO: “Non sappiamo quale sarà la fine dell’ospedale, non è chiaro se l’intenzione sia quella di chiuderlo e la nostra preoccupazione è sia per i cittadini che per i lavoratori del settore, che perderebbero, fra gli altri, l’unica unità spinale presente da Roma fino alla Sicilia”. Ganini ci ricorda anche come da 5 anni a questa parte non venga firmato il Contratto Nazionale per la sanità privata, con un turn over che blocca le assunzioni (per cento lavoratori che escono sono solo dieci ad entrare). Intanto già si prepara un altro capitolo della lunga saga della sanità dell’XI Municipio: il trasferimento della sede dell’ASL RMC da viale dell’Arte a via Primo Carnera. La decisione andrebbe incontro alle esigenze di quella parte della popolazione dell’Eur (Montagnola Tintoretto, Serafico, Roma 70) che da sempre ha sofferto la mancanza di servizi territoriali ma d’altro canto la zona è poco servita dai mezzi di trasporto, fatto che desta non poca sollecitudine nei lavoratori, che dovranno abituarsi ad un contesto lavorativo completamente diverso. Per questo nuovo, epico, avvenimento dovremo però attendere le elezioni regionali.

Stefano Cangiano

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