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La difficile storia dei ticket sulla riabilitazione

Una normativa nazionale di 10 anni fa che nel Lazio non era ancora stata applicata

Attualmente, il bisogno di rientrare del debito della sanità ha fatto sì che la Regione Lazio fosse costretta ad applicare la normativa sui ticket per la riabilitazione. La normativa nazionale dice che, quando una prestazione ha un carattere socio-assistenziale, socio-sanitario, si stabilisca una parte della retta a carico della Regione per gli aspetti sanitari, una parte a carico dell’utente, o del Comune che ne fa le veci in caso di indigenza, per gli aspetti assistenziali e sociali. Per le persone con una disabilità stabilizzata -ragazzi e persone con un handicap grave che sono ricoverate o in istituti di riabilitazione o che sono in un centro diurno- è stabilito che la retta è divisa in 70% di carattere sanitario, che resta a carico della Regione, e 30% di carattere sociale assistenziale –le prestazioni alberghiere, l’assistenza– in carico alla famiglia del disabile oppure al Comune di residenza.
“Da parte della consulta c’è stata una seduta tematica su questo argomento – racconta Paolo Quattrucci, Presidente della consulta H del Municipio XVI – La consulta è un organismo articolato: sono rappresentate le associazioni di disabili, le cooperative che offrono i servizi, i familiari, le istituzioni intese come Municipio, servizi sociali, la Usl con i servizi per gli adulti e i bambini, le scuole di ogni ordine e grado. Raccoglie tutti i diversi sguardi, cercando di concertarli tra loro e distinguendo le competenze. Un organismo volontario che serve a fornire indicazioni utili al Municipio e che rappresenta un momento di sfogo per i familiari”. 
“All’improvviso sono state richieste alle famiglie delle quote considerevoli: chi sta in un centro diurno paga una retta che è intorno ai 400 euro, chi sta ricoverato a tempo pieno paga un migliaio di euro al mese – spiega Daniela Cirulli, Consigliera Pd del Municipio XVI – Una quota significativa per le famiglie che sono già gravate dal punto di vista del carico assistenziale notevolissimo e permanente. L’altra preoccupazione è stata per l’Amministrazione stessa, alla quale è stato richiesto un intervento economico di supplenza, il primo luglio, quando nel bilancio non era stata prevista la spesa. E tutt’ora, siccome il Comune non ha approvato per il terzo anno consecutivo il bilancio preventivo nei termini di legge, stiamo andando in esercizio provvisorio. Come Pd abbiamo cercato di battagliare in aula affinché fossero stanziati dei fondi e ci siamo riusciti nel mese di dicembre 2010. Questo non ha risolto il problema ma ha tamponato l’intervento economico in favore dei casi più deboli. La questione non si è chiaramente conclusa e va tenuta alta l’attenzione”.
L’Associazione Anfass Roma Onlus – fondata nel 1958 per iniziativa di un gruppo di genitori – si propone di assicurare il benessere e la tutela delle persone con disabilità intellettiva, cognitiva, comportamentale, relazionale e delle loro famiglie, secondo i principi della pari opportunità, della non discriminazione e della inclusione sociale.
“Dopo aver decurtato del 12% il budget annuo e introdotto la compartecipazione alla spesa a carico degli utenti, si sta procedendo alla rimodulazione dell’offerta assistenziale – racconta Giovanni Pegoraro, Presidente Anfass Roma – Il dramma riguarderà anche la qualità dei servizi e i livelli occupazionali. Per effetto dei nuovi Decreti Commissariali n.89 e 90, infatti, nel regime residenziale i posti dedicati alla riabilitazione saranno drasticamente ridotti, confermandone appena 199 in estensiva e 94 in mantenimento; nel regime semiresidenziale, di 2.457 posti sul territorio regionale, ne verranno confermati 365 in estensiva e 102 in mantenimento; gli standard operativi saranno abbassati a 1 operatore ogni 4/5 utenti, attualmente il rapporto è 1 ogni 2,5; le tariffe, già ferme al 2001, subiranno una nuova decurtazione; la quasi totalità degli utenti sarà costretta a partecipare alla spesa e questo comporterà probabilmente un ulteriore esodo; le assenze giornaliere saranno remunerate solo al 40% della quota sanitaria, mentre la quota sociale andrà interamente perduta. Non bastassero i tradizionali ritardi nei pagamenti da parte della Regione per le fatture sulle prestazioni sanitarie, il Comune di Roma – a causa di una serie di difficoltà – non è tutt’ora in grado di certificare le quote contributive rispettivamente a carico proprio e/o delle famiglie, e ciò lascia presagire tempi molto lunghi di riscossione. Quel che appare particolarmente grave è inoltre la pianta organica, che presumibilmente dovrà essere ridotta di diverse unità, con una notevole ricaduta sui livelli occupazionali”.
“Per me la riabilitazione è la vita, perché la faccio da quando sono nato – racconta l’On. Antonio Guidi, Delegato del Sindaco di Roma per le Politiche per la disabilità – Ho avuto la gran fortuna alla fine degli anni ’40 di accedere per lo meno alla riabilitazione fisico motoria, che allora era quasi fantascienza. Poi per quarant’anni sono stato neuroriabilitatore infantile. Credo che oggi la riabilitazione vada concepita in maniera diversa. Intanto non può essere generalizzata se non come presa in carico: una cosa è una non vedenza, una cosa è un post infortunio, una cosa è una distrofia. Deve avere mille sfaccettature a seconda delle patologie e non può rimanere uguale negli anni. Oggi la riabilitazione non è tanto e solo funzionale, ma è concepita a livello dell’intera personalità del disabile, sia sul versante fisico, sia su quello psicologico e dell’ambiente circostante. La cosa importante è che la riabilitazione stessa esca dall’ambulatorio e diventi una riabilitazione attiva, che deve servire a dare autonomia e integrazione alla persona. Mancano soprattutto due cose – continua Guidi – Intanto l’informazione iniziale, che è già riabilitazione. E poi il sostengo psicologico che deve durare finché dura il problema, che sia un mese, un anno o tutta la vita. La seconda cosa è il paradosso tutto italiano che, mentre in molti paesi la riabilitazione vale quanto un intervento chirurgico o una terapia medica, in Italia è un optional. Se c’è bene, se c’è crisi economica si riduce. E questo è gravissimo, perché la riabilitazione è uno degli atti fondamentali dal punto di vista socio-sanitario. Ed è incostituzionale la sua non applicazione o parziale applicazione. Tendenzialmente sono contro la partecipazione economica della famiglia, perché il più delle volte costituisce un disagio che si aggiunge a un altro disagio – conclude Guidi – Anche nella crisi peggiore ci sono tanti spazi che possono essere toccati, per quanto importanti. Sono da sempre un cultore delle belle arti, ma credo che nemmeno per tenere in cura la statua più bella del mondo si debba spendere quanto per la vita di una persona”. 

Ilaria Campodonico

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