
Tratto da Urlo n.196 dicembre 2021
ROMA – Abbiamo intervistato il neo Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale, Maurizio Veloccia, in merito ad alcune delle criticità e delle opportunità di sviluppo urbanistico del quadrante Sud-Ovest della città. Veloccia ha 43 anni, è laureato in Ingegneria Elettronica e ha un Master in Gestione delle Aziende Sanitarie. Nel 2013 era stato eletto Presidente del Municipio XI, rimanendo in carica 3 anni (fino alla caduta di Ignazio Marino nel 2016). Successivamente era entrato in Regione per affiancare il Governatore Zingaretti nel ruolo di Vice Capo di Gabinetto. In quest’ultima tornata elettorale si è candidato al consiglio Comune tra le fila del Pd, posizionandosi come secondo più votato tra i consiglieri con oltre 7mila preferenze.
Lungo l’Ostiense si snodano diverse vicende urbanistiche sulle quali si attende da tempo un intervento. Dagli ex Mercati Generali all’area Italgas: come si rilancia questo asse?
L’asse di via Ostiense può essere rilanciato intanto affrontando i grandi progetti rimasti nello stallo più assoluto. Progetti che dimostrano, da un lato quanto nel passato, grazie alle giunte di centrosinistra, ci fosse una visione della città per la quale si immaginavano grandi opere di riqualificazione, dall’altro quanto non aver portato a termine queste opere negli anni successivi abbia causato situazioni di blocco e di fermo. Ad oggi purtroppo questi grandi progetti sono fermi perché, essendo mutate le condizioni economiche, anche nelle imprese che dovevano completarli, c’è una fase di difficoltà. La nota positiva è che fortunatamente l’Eni vuole investire su questa area. Sicuramente, il fulcro del recupero di questo asse è legato allo sviluppo dell’università, al rilancio dei progetti non ancora conclusi, come gli ex Mercati Generali, e, aggiungerei finalmente, alla valorizzazione dell’ambito strategico che il PRG aveva individuato proprio nel Tevere. Quindi l’altra grande direttrice di sviluppo a mio avviso è il recupero del fiume, delle sue sponde, delle sue acque, delle sue eccellenze paesaggistiche e della possibilità di viverlo come parte integrante di Roma.
Tra i dossier sul suo tavolo c’è quello dello Stadio della Roma: non sono mancate le indiscrezioni sull’area di Ostiense. Pensa che un progetto del genere sia sostenibile all’interno della città? Oppure bisogna trovare un’area più periferica?
Con la AS Roma sono stati avviati un dialogo e una conoscenza molto cordiali. Condividiamo con la Società l’obiettivo di rilanciare Roma ed è evidente che le grandi opere, come quella dello Stadio, possono costituire un volano importante in questa direzione. Non dobbiamo però fare gli errori del passato, ma cercare di costruire un progetto senza annosi ripensamenti, come avvenuto rispetto al progetto precedente. Io consiglio, per puro pragmatismo, di farlo partendo da contesti che non presentino criticità già in partenza. Posso garantire che noi ascolteremo le proposte della AS Roma con attenzione, perché vogliamo che finalmente questo progetto si realizzi. Dobbiamo lavorare insieme per scegliere la soluzione più vantaggiosa per la città e anche, mi permetto di dire, più semplice da realizzare.
Su via C. Colombo si gioca il futuro assetto urbanistico di diversi quadranti come piazza dei Navigatori, l’ex Fiera di Roma e anche l’Eur con le sue Torri. In passato si è parlato di questo asse in relazione soprattutto al turismo congressuale, poi c’è stato il Covid. Ora che visione c’è?
Io credo che l’asse della Colombo, con il completamento della Nuvola e con la gestione intelligente da parte anche di Eur Spa, stia vivendo un rilancio. È evidente che il Covid ha colpito fortemente un quadrante che è fatto soprattutto di uffici e ha una vocazione al direzionale e al turismo congressuale, ma credo che se riusciremo, finalmente, ad uscire dalla fase pandemica tutto questo potrà ulteriormente essere ripreso. La Nuvola, da questo punto di vista, può costituire un enorme attrattore; ci sono, inoltre, degli interventi che possono portare anche opere pubbliche per il territorio, come ad esempio quello di Piazza dei Navigatori. Poi dobbiamo fare in modo che la qualità realizzativa dell’ex Fiera sia all’altezza di quello che è stato sottoscritto nei vari atti convenzionali. C’è una grande attenzione, quindi, per questo quadrante: penso ad esempio all’head quarter di Fendi, nel Colosseo Quadrato e ad altri player importanti che vogliono investire in questo territorio. Per cui credo che se riusciremo a mettere in campo una proposta intelligente sull’ex Fiera, con le numerose opere pubbliche previste dall’intervento di Piazza dei Navigatori e con la grande sinergia tra Amministrazione capitolina e Eur Spa, insieme al rilancio delle prospettive direzionali, turistiche e congressuali del post Covid, si possa pensare a questa direttrice come una delle più importanti per lo sviluppo della città.
Scheletri di cemento come quelli del Residence Bravetta punteggiano l’intera Capitale. Come evitare che questioni di questo tipo divengano ferite indelebili sul tessuto cittadino? Come si interviene per rigenerare in tempi brevi senza pesare per anni sui quartieri?
Si interviene cercando di semplificare le norme e non avere un approccio ideologico riguardo a quelle esistenti, a partire dalla Legge sulla rigenerazione urbana, sia quella attualmente in discussione in Parlamento e sia quella che da quattro anni c’è a Roma ma non è ancora stata applicata. Per attirare gli investimenti non dobbiamo derogare alle regole ma semplificarle: dobbiamo garantire tempi certi a chi vuole investire, maggiore elasticità e flessibilità anche nell’adattare i tempi al mercato che cambia. Non dobbiamo stravolgere le norme o pensare di cancellare le regole, ma avere l’intelligenza di poterle modulare, rendere più semplici le autorizzazioni, evitare continui rimpalli di competenze, favorire una devoluzione di competenze a Roma da parte della Regione Lazio.
Invece come intende governare i processi urbanistici legati ai Piani di zona? Come si evitano situazioni come quella di Monte Stallonara?
Sui Piani di zona bisogna continuare a fare un lavoro profondo di ricucitura con la Regione, attraverso la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria che non sono state ancora completate. Bisogna favorire e snellire le procedure di trasformazione e affrancazione che purtroppo sono ancora oggi complesse, in alcuni casi contraddittorie e comunque lentissime, completare i Piani esistenti, favorire operatori sani e colpire quelli che, negli anni, hanno tentato di approfittarsene. Bisogna poi far sì che nei Piani di zona arrivino anche le opere di urbanizzazione secondarie, per esempio attraverso gli oneri dell’affrancazione, e accelerare sulle assegnazioni che possono essere fatte. Anche perché se noi riusciremo a far ripartire i PdZ aumenteranno anche le risorse a disposizione per completare le opere pubbliche.
Leonardo Mancini