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Lavoro ed immigrazione: una prospettiva europea nel Terzo Rapporto di EMN

L’European Migration Network ha presentato il suo terzo rapporto su flussi migratori e dinamiche occupazionali.

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Integrazione, sviluppo economico e nuove politiche migratorie: sono queste le macroaree su cui concentrarsi per rispondere efficacemente alle sfide che i 27 paesi dell’Unione Europea dovranno affrontare nei prossimi anni.
L’occasione per approfondire il contesto economico europeo rispetto ai flussi di mobilità lavorativa è la presentazione del Terzo Rapporto di European Migration Network (EMN) su “Mercato occupazionale e Immigrazione”. EMN è la rete istituzionale, diretta dalla Commissione Europea, che opera presso tutti i 27 Stati membri dell’UE e che in Italia fa capo al Ministero dell’Interno presso la Direzione Centrale per le Politiche per l’Immigrazione e l’Asilo.
Presentato il 18 novembre presso la Sala Biblioteca dello CNEL (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) a Roma, il rapporto è strumento di documentazione ed analisi sul lavoro e l’immigrazione. Temi che, a fronte di una crisi strutturale dei modelli economico-finanziari dell’area occidentale, vanno considerati come corpus unico in cui tracciare percorsi di eccellenza e criticità da risolvere.
Suddiviso in tre parti (partecipazione dei migranti al sistema economico, migrazione temporale e circolare in Italia, rapporto statistico-demografico) il documento è stato presentato nei suoi molteplici aspetti da Mariagrazia Colosimo (Viceprefetto e responsabile del Dipartimento per le politiche migratorie e l’asilo del Ministero dell’Interno), Petra Van Nierop (Rappresentante EMN presso la Commissione Europea) e dalle relazioni tecniche di  Antonio Ricci (referente nazionale di EMN/Italia) e Maria Temesvari (referente di  EMN/Austria).
A margine della conferenza di presentazione, Mario Albisinni, dell’ Istituto Nazionale di Statistica (Istat), commenta i dati del rapporto relativamente al recente andamento del mercato del lavoro: “Nel corso della fase ciclica precedente la crisi del 2008 gli stranieri hanno fornito un significativo sostegno allo sviluppo dell’occupazione in diversi
paesi dell’Unione europea. Tra il 2005 e il 2008 circa un terzo della crescita dell’occupazione dell’insieme dell’area è dovuta agli stranieri. La crisi, però, ha sollecitato un significativo e rapido peggioramento della condizione occupazionale. Nell’Ue il tasso di occupazione degli stranieri ha accusato nel corso del 2009 cadute molto ampie. A fronte di questa situazione nell’Unione europea, in Italia persiste in tutta la prima parte del 2010 la discesa del tasso di occupazione degli stranieri”.
Albisinni rileva come, estesa su tutto il territorio nazionale,  la discesa del tasso di occupazione è stata particolarmente sensibile nella popolazione maschile e straniera che risiede nelle regioni settentrionali, dove si registra maggiormente la presenza di migranti impiegati nel settore industriale, quello cioè più colpito dalla crisi.
In conclusione, il Terzo Rapporto EMN Italia costituisce un invito a operare una saldatura tra vecchie e nuove esperienze nelle politiche migratorie, tra livelli di tutela dei diritti civili da salvaguardare e nuove aperture da sperimentare. In particolare, propone Antonio Ricci di EMN: “In una situazione economica molto diversa rispetto al passato, c’è l’esigenza di una solidarietà innovativa tra il paese di partenza e il paese di arrivo, oltre che di un apporto dall’estero sempre più qualificato e competente”.
L’introduzione al volume che p
ubblica per intero il Terzo Rapporto EMN – edito dal Centro Studi e Ricerche IDOS – è curata dal Prefetto Angelo Malandrino (Direttore centrale per le politiche immigratorie e l’asilo del Ministero dell’Interno) che invita, però, a non cadere nel pericolo di parlare di mobilità circolare del lavoro migrante per porre in secondo piano l’obiettivo fondamentale dell’integrazione. “Si trascurerebbero – così afferma Malandrino – i diritti di partecipazione degli immigrati: si rischierebbe, così, di far violenza su decisioni che rientrano nell’ambito di quelle personali, e quindi non comprimibili, e si priverebbe altresì la società di accoglienza di un rilevante apporto di rinnovamento”.
Le previsioni demografiche dell’Istat, infatti, mettono in conto un aumento annuale medio della popolazione immigrata di 240 mila unità. Ma, l’aumento della popolazione attiva perdurerà solo fino al 2027. Di conseguenza, invece, nel 2050 l’incidenza degli ultra sessantacinquenni, che attualmente è pari al 20%, salirà al 33%.
Come il futuro demografico degli italiani è intrecciato con l’immigrazione, così anche la riflessione sulla forza lavoro immigrata si intreccia con il mercato occupazionale nel suo complesso ed evidenzia l’esigenza di meglio qualificare il sistema produttivo italiano in un contesto di competizione che ha assunto una dimensione globale.
A queste considerazioni si aggiungono i dati statistici che dimostrano come la stabilità del soggiorno di un lavoratore migrante favorisce il tasso di occupazione generale, pari al 76% per chi si trova in Italia da più da 10 anni e solo al 56% per chi è sul posto da meno di tre anni.
Per questo motivo, il rapporto suggerisce che in ambito sociale, per assicurare una tutela più adeguata e contenere il costo del lavoro e la pratica del sommerso, occorre insistere sul perfezionamento delle leggi in vigore, soprattutto per quanto riguarda la richiesta nominativa delle aziende di lavoratori dall’estero, la predisposizione di liste di lavoratori disponibili e la collaborazione con i Paesi di origine, la formazione in loco, il riconoscimento delle qualifiche e l’accesso ai posti pubblici.
In soccorso alle nuove esigenze del mercato, la Commissione Europea ha proposto il concetto di migrazione circolare, una variante del lavoro temporaneo e ripetuto, essendo destinato a durare per un breve periodo con il ritorno in patria. La novità riguarda l’integrazione dei termini dei contratti con la possibilità  di insistere sulla rispondenza ai bisogni sia del Paese di arrivo che di quello di partenza (prima sbilanciato dall’esclusiva attenzione ai problemi della sicurezza e della salvaguardia del mercato occupazionale locale) e alla possibilità di essere rinnovato negli anni.
Su quelli che possono essere flussi circolari, secondo questa nuova accezione, il Terzo Rapporto EMN Italia ha curato una analisi innovativa dei vari archivi statistici. Dall’archivio visti del Ministero degli Affari Esteri, si ricava che gli immigrati venuti nel 2009 per un periodo di tre mesi, e quindi non per un inserimento lavorativo o per un lavoro stagionale, sono stati 31.394. I motivi prevalenti sono stati: il lavoro dipendente (5.278 casi), i motivi religiosi (4.361, assimilabile spesso al lavoro), il lavoro autonomo (3.665) e lo studio (17.880, composto parzialmente anche dall’impiego in attività lavorative).
Per ulteriori informazioni e per leggere il report online: www.emnitaly.it .

Gabriele Simmini