Tratto da Urlo n.165 Febbraio 2019
EUR – Alfiere Spa, società partecipata da Telecom e Cassa Depositi e Prestiti, nonché proprietaria delle Torri dell’Eur, non avrà il risarcimento richiesto a Roma Capitale, riguardante la trasformazione del complesso immobiliare. Lo ha deciso il Consiglio di Stato, che ha confermato così la sentenza del Tar del Lazio di qualche mese fa.
LA RICHIESTA DI ALFIERE – Alfiere aveva richiesto la condanna del Comune di Roma al pagamento di un risarcimento da capogiro, ben 325 milioni di euro, per i danni causati dall’annullamento del permesso di costruire avvenuto nel luglio 2016, quando sugli immobili c’era il progetto di realizzare il quartier generale di Tim. La decisione del Consiglio di Stato conferma quanto già detto nella precedente sentenza del Tar, ovvero che il blocco del cantiere non avrebbe influito sulle operazioni di restauro delle Torri. Esse, infatti, visto lo stato di avanzamento delle opere, non sarebbero state comunque ultimate in un tempo che rispettasse gli impegni contrattuali tra Tim e Alfiere. “La decisione del Consiglio di Stato, così come accaduto con la sentenza del Tar del Lazio, conferma la battaglia che sin da subito abbiamo intrapreso nei confronti di una questione complessa e poco lineare – ha dichiarato in una nota il Sindaco Virginia Raggi – Motivo per cui nei mesi scorsi abbiamo deciso di portare tutti gli atti susseguitisi negli anni in Procura e alla Corte dei Conti con il fine di fare chiarezza e tutelare i cittadini”. L’Assessore all’Urbanistica Luca Montuori ha continuato dicendo che “la sentenza stabilisce anche che debba essere definito il contributo economico dovuto per la valorizzazione del compendio”. Quindi, qualora venisse ideato un nuovo progetto sulle Torri, questo non dovrebbe prescindere da un adeguato importo relativo agli oneri concessori. Lo stesso tema portò alla revoca del permesso a costruire, decisa dall’ex Assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini, che non voleva rinunciare ai 24 milioni di euro inizialmente previsti sull’opera come contributo straordinario.
LA STORIA – Per comprendere la complessità della vicenda bisogna fare un passo indietro. La storia delle Torri di Ligini, che un tempo ospitavano il Ministero delle Finanze, ha radici decennali. Su di esse, inizialmente, sussisteva il progetto residenziale di Renzo Piano, che avrebbe portato a una demolizione e ricostruzione dell’immobile e alla produzione di 24 milioni di euro di oneri concessori. Su quei soldi si fecero alcune ipotesi, e tutte vertevano su uno scopo: opere infrastrutturali sulla viabilità. Quando questo progetto naufragò (a causa del fallimento della società costruttrice), si presentò la possibilità di realizzare, questa volta senza demolire ma riutilizzando l’esistente, il quartier generale di Tim. Un insediamento che avrebbe portato a una mole spaventosa di dipendenti, ogni giorno, nel quadrante. Circa 5mila persone avrebbero dovuto occupare i nuovi uffici del colosso delle telecomunicazioni, e tutto ciò senza prevedere alcun adeguamento infrastrutturale sulla viabilità. Questo perché il contributo straordinario previsto per un’opera di “rigenerazione urbana” sarebbe stato solamente di 1 milione di euro, a fronte dei 24 precedentemente preventivati (per un progetto, tra l’altro, molto meno impattante). Questo “compromesso” venne avallato dall’Assessore all’Urbanistica della Giunta Marino, Giovanni Caudo, ma non venne accettato poi da Paolo Berdini (Giunta Raggi) che decise di bloccare l’intervento proprio per questo motivo. Di lì a poco il progetto di Tim naufragò, facendo ripiombare le Torri nel degrado, ma scampando un piano sicuramente troppo impattante per il quadrante, nonostante l’amarezza per il tempo perso. Tim avrebbe sicuramente risolto lo scempio degli scheletri abbandonati (velocizzando, forse, anche la vendita della Lama), ma a che prezzo?
LE OPINIONI – Sul tema delle Torri resta critico Andrea De Priamo, Consigliere Fdi al Comune di Roma, che da sempre segue con attenzione la vicenda: “Il degrado che permane nell’area rende difficoltosa la promozione del nuovo centro congressi, che noi non abbiamo condiviso, ma ormai esiste. Inoltre questa situazione sta determinando un danno erariale enorme, per l’Eur e per la città intera, e bisogna riprendere assolutamente la discussione. L’amministrazione comunale è immobile e qualora ci fossero delle idee in campo si avrebbe una grave mancanza di trasparenza, perché eventuali progetti non sono stati divulgati attraverso gli organi preposti. Per questo – ha concluso De Priamo – ho intenzione di chiedere un Consiglio straordinario alla presenza dell’Assessore Montuori”. Il Consigliere ha posto l’accento sul tema spinoso dell’adeguamento della viabilità, che si sarebbe realizzato con gli oneri concessori, poi persi, derivanti dal vecchio progetto di Renzo Piano, grazie ai quali “si sarebbe realizzato il sottopasso di viale Europa. Un’operazione di demolizione e ricostruzione, infatti, porterebbe oneri maggiori e non sono mai stato contrario a questa idea”. Per il Presidente del Municipio IX, Dario D’Innocenti, l’auspicio è che “ci sia una soluzione della vicenda nel più breve tempo possibile. Mi compiaccio che si sia concluso il contenzioso e dobbiamo sperare che i proprietari mettano in campo un nuovo progetto di ristrutturazione, con una proposta che ripristini l’immagine e il decoro della città”. Sempre, speriamo, con oculatezza e valutazione del quartiere in cui questi nuovi piani dovrebbero innestarsi.
COSA DEVE RISERVARCI IL FUTURO – Risolto il contenzioso giudiziario, bisognerà trovare una soluzione per le Torri che non comporti una svendita (con oneri concessori irrisori) o un impatto sul quartiere senza opere a sostegno della viabilità e della vivibilità dei nostri territori. I cittadini dovrebbero sempre guadagnare qualcosa dalle rigenerazioni urbanistiche e le amministrazioni pubbliche hanno il preciso dovere di preservarli rispetto alle richieste accampate dagli attori privati. Questa vicenda ha visto una poca oculatezza da parte delle amministrazioni precedenti e per il futuro confidiamo in maggiori riflessioni, soprattutto sull’impatto che le opere portano con sé, per non ripetere l’errore che si stava commettendo e che l’attuale amministrazione Raggi ha sventato. Bisognerà cercare, insomma un modo per riqualificare, alle condizioni economiche giuste per la cittadinanza. Non ci si riesce? Tanto vale buttarle giù. Costa più demolirle (e magari farci un bel parco verde) o far fronte all’invasione con ogni mezzo, per esempio, di 5.000 lavoratori al giorno alla collettività?
Serena Savelli