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I-60: il Coordinamento scrive al Sindaco

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Lettera aperta al Primo Cittadino contro l’edificazione su via Grotta Perfetta

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La speranza dei cittadini del Coordinamento Stop I-60 era quella di recapitare direttamente al Sindaco Marino la lettera contenente tutte le ragioni del ‘no’ all’edificazione. L’occasione sarebbe stata il dibattito pubblico durante la ‘Festa Rossa’ del Circolo Che Guerava nel Parco del Caravaggio, alla quale però il Sindaco non ha potuto partecipare. Riceviamo e pubblichiamo il testo della lettera firmata dal Coordinamento Stop I-60.

Signor Sindaco,
il progetto edificatorio conosciuto come I-60, interessa un’area di 22 ettari compresa tra via di Grotta Perfetta, via Giuseppe Berto e viale Aldo Ballarin e prevede la realizzazione di 400 mila metri cubi di edilizia residenziale e commerciale, 5000 nuovi residenti, un’arteria per l’immissione del traffico veicolare proveniente dal Gra e il transito di oltre 10 mila auto al giorno, in una zona priva di infrastrutture per il trasporto pubblico su ferro.
L’edificazione si fonda su una datata previsione del Prg del 1962, per 180 mila metri cubi, e sul discutibile istituto delle cosiddette “compensazioni edilizie” che ha permesso di riversare nell’area ulteriori 220mila metri cubi provenienti dall’area di Tormarancia, ove l’estensione del Parco regionale dell’Appia antica ha fatto sì che le cubature ivi previste e non realizzate, venissero trasferite indiscriminatamente su numerose zone del centro urbano e dell’agro romano.
Migliaia di residenti stanno avversando da anni tale progetto. Lo testimonia la petizione firmata da oltre 4000 cittadini e consegnata il 31 luglio 2013 in Campidoglio; lo dimostrano le migliaia di euro impegnati per il ricorso al TAR e le molteplici manifestazioni organizzato dai cittadini che, seppure inascoltate dalla politica tradizionale, hanno accresciuto nella gente comune la consapevolezza dei propri diritti.
La sua campagna elettorale è stata improntata alla proposizione di un nuovo modello di amministratore: un sindaco al di sopra delle dinamiche della politica romana. A questo ci appelliamo, esponendole le nostre ragioni, sicuri che possa aderire a tali istanze.
In primis: l’area è inequivocabilmente degna di protezione, per le stesse motivazioni addotte in difesa dell’adiacente parco di Tor Marancia. Si tratta di una delle ultime porzioni di Agro Romano inserite nel tessuto urbano, caratterizzata da elementi paesaggistici di pregio, sfruttata fino ad oggi per coltivazioni e pastorizia, attraversata da corsi d’acqua e con una valenza fondamentale nella rete ecologica e idrogeologica, in quanto collega, con un’insieme di altre aree verdi, il parco del Tevere con il parco dell’Appia Antica.
Inoltre i sondaggi archeologici, coordinati dalla sovrintendenza ed eseguiti solo parzialmente, hanno riportato alla luce un vero tesoro: una residenza suburbana di epoca imperiale adorna di mosaici e statue, una necropoli, due strade confluenti in basolato perfettamente conservate e contornate da un piccolo mausoleo. In qualsiasi altro Paese questo patrimonio sarebbe tutelato e reso fruibile al pubblico, così come sta avvenendo nelle zone di Ottavia, Tor Vergata e Prenestina. Nel nostro caso, sono state fatte altre inspiegabili scelte, cancellando tali testimonianze, il cui valore non può essere certo compensato dalla loro riproduzione virtuale, come proposto dalla sovrintendenza.
C’è un elemento ulteriore, comune nella edilizia romana: una assoluta disinvoltura nell’osservanza della disciplina urbanistica. L’area considerata infatti, ha un carico ambientale molto elevato, a cui si vogliono aggiungere migliaia di abitanti senza Valutazione di impatto ambientale, senza infrastrutture di trasporto su ferro, con una viabilità già al collasso, ignorando totalmente l’art. 99 delle Nta al Prg 2008, che prevede per interventi di tale portata, uno studio di impatto sulla mobilità. A questa grave criticità, segnalata anche dal Municipio, il Comune risponde con una cura peggiore del male: una superstrada tra il GRA e l’I60, che favorirà l’attraversamento dei nostri quartieri da parte di migliaia di pendolari.
Ma non è tutto. Nelle more dell’iter amministrativo e nelle procedure esecutive, sono stati riscontrati discutibili episodi:
1. sono spariti i casali ottocenteschi insistenti sull’area di progetto (sottoposti a vincolo ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. L, del Codice dei Beni Culturali). L’indagine chiesta dalla Sovrintendenza non ha ancora accertato le ragioni dell’accaduto ma certo, il crollo simultaneo suggerito dai costruttori, è ipotesi alquanto improbabile;
2. un altro manufatto, un monumento funerario romano, è improvvisamente crollato e, anche in tal caso, il Consorzio di costruttori attribuirebbe tale evento alle ‘intemperie’ del mese di giugno 2013, ipotesi confutata dal bollettino dell’Osservatorio meteorologico del Collegio romano. O forse la zona è particolarmente sismica, ma i dati in nostro possesso dimostrano il contrario;
3. è stata formalmente espressa in varie fasi del procedimento autorizzativo l’assenza di vincoli sul Fosso delle Tre Fontane dichiarato più volte, dagli uffici dell’assessorato alla Trasformazione urbana di Roma Capitale, inesistente o interrato mentre il Municipio VIII sosteneva l’opposto. Comportamento, il primo, inspiegabile e censurabile considerato che il MIBAC ne ha formalmente dichiarato, anzi ribadito, con nota del 3 giugno 2014, tanto l’esistenza quanto l’assoggettamento a vincolo;
4. è stata sequestrata una parte del cantiere con l’avvio di una indagine per reati ambientali. Ipotesi: occlusione e danneggiamento del Fosso in oggetto con la terra di risulta delle lavorazioni di cantiere, in spregio del vincolo e delle modalità d’intervento prescritte dal Municipio per l’esecuzione dei lavori. Lo stesso presidente del Consorzio, ingegner Carlo Odorisio, ha dichiarato il 12 febbraio scorso al quotidiano la Repubblica essere veritiera tale circostanza.
Su questi episodi, attendiamo fiduciosi la conclusione delle indagini in corso da parte dell’Autorità giudiziaria, come attendiamo confidenti anche il responso del TAR sul nostro ricorso avverso la convenzione urbanistica.
Da più parti, si sostiene l’ineluttabilità del progetto, pena il possibile risarcimento milionario che Roma Capitale dovrebbe al consorzio di costruttori. A tal fine, citiamo testualmente parte di un’intervista del 25 aprile scorso al “Giornale dell’architettura” dell’assessore alla Trasformazione urbana Giovanni Caudo: “la nostra azione prevede la chiusura delle compensazioni ancora in itinere e, come obiettivo di fine mandato, la cancellazione dell’articolo del piano che le prevede perché è un principio sbagliato e di difficile gestione”. Tradotto: una colata di 6,4 milioni di metri cubi sulla martoriata Capitale, in applicazione di “un principio sbagliato e di difficile gestione”. Ebbene, contro tale convenzione e contro tale principio, è stato presentato ricorso straordinario al presidente della Repubblica, da parte di tutti i comitati cittadini romani in lotta contro i disastri prodotti dall’abuso delle compensazioni.
Le chiediamo quindi di bloccare il cantiere fino alla sentenza del TAR e alla conclusione dell’indagine penale, per poi, in caso di annullamento dei provvedimenti amministrativi impugnati, promuovere l’apposizione di un vincolo archeologico e paesaggistico su tutta l’area, di concerto con il competente Ministero dei Beni Culturali.

Abbiamo apprezzato il suo progetto di tutela del Colosseo e dei Fori, ma le ricordiamo che i cittadini romani non vivono solo nel centro storico e hanno bisogno di cultura e qualità della vita anche nei loro quartieri.

Ci auguriamo che lei voglia essere ricordato come il sindaco del cambiamento di Roma, da città della speculazione a città della legalità e dei cittadini.

I cittadini del Coordinamento Stop-i60