Stiamo parlando del social network che negli ultimi mesi ha contato milioni di contatti e che è stato annoverato tra i dieci siti più visitati al mondo. Non si parla d?altro ormai, tutti lo vogliono, tutti lo leggono, tutti si iscrivono.
Chissà se Mark Zuckerberg, nel non troppo lontano 2004, quando si inventò questo simpatico format multimediale, aveva già immaginato che avrebbe sconfinato in un modo così prepotente le accademiche mura dell?Università di Harvard. E pensare che lui inizialmente voleva solo mettere in comunicazione studenti e istituti scolastici, università, aziende, in modo interattivo e immediato, tanto da far derivare il nome ?facebook? dai conosciutissimi annuari propinati nei film e nei serial di teenager americani. E se altri importanti social networks perdono terreno sotto il clamore che ormai ha reso famoso ?faccialibro? (come noi italiani siamo soliti a chiamarlo, storpiandolo con un?orrenda quanto incisiva traduzione), gli utenti iniziano a moltiplicare i loro campi d?azione, diventando multitasking, mediaticamente attivi, internauticamente ossessionati dalla mania di ?averli tutti? e di essere iscritti ovunque, magari con la stessa foto, gli stessi contatti e le stesse cose da dire. ?Myspace? Ce l?ho! Twitter? Ce l?ho! Netlog? Ce l?ho! Facebook? Ce l?ho!? sembrano urlare i milioni di contatti che affollano questi centri di aggregazione virtuale, che hanno reso obsoleto il cellulare e spesso anche l?uscire di casa per farsi una chiacchierata con il collega o l?amico. E si inizia a parlare di ?dipendenza?, di cattiva abitudine a stare troppo davanti a un monitor invece che andare all?aria aperta e impegnarsi in qualche attività ricreativa. Psicologi e sociologi insistono col dire che forse è il caso di smetterla, che così la solitudine dell?uomo si amplifica, che ogni nostra ora è scandita attraverso i commenti che ci lasciano sul profilo, dei nuovi contatti e delle nuove foto in cui veniamo ?taggati?, magari quelle di dieci anni fa, in cui ancora avevamo una vita ?vera?, e non virtuale, fornendoci quella breve scarica adrenalinica che un po? ? è vero ? crea dipendenza. Come la crea il gusto voyeuristico di farsi gli affari degli altri, precedentemente offertoci da ?mamma televisione? con i suoi volgari reality show, tripudio dei peggiori stereotipi umani ma calamita irresistibile degli sguardi di milioni di italiani (e italioti). Sempre di piccolo schermo si parla dunque, anche se i tempi sono cambiati. Prima la tv, ora il pc.
Eppure di cose buone questa tecnologia ne ha fatte eccome! Pensiamo alle centinaia di migliaia di compagni di classe, amichetti d?infanzia, colleghi, parenti lontani, ex fidanzati, ex mariti ed ex amanti che si sono rincontrati, che hanno potuto scoprire i danni (o gli aggiustamenti) che il corso del tempo ha lasciato sui loro volti. Ed è semplice, anche perché per la prima volta non assistiamo a un fenomeno comune su internet. Gli utenti non si iscrivono con il classico ?nickname?: la nuova tendenza è metterci la faccia, con tanto di nome e cognome. E paradossalmente più siamo esposti e più tendiamo ad esporci, creando un intricato e intrigante gioco esibizionista ? vouyerista.
A questo punto potrei anche rassicurare chi annuncia un armageddon informatico che ci risuccherà in un vortice di alienazione psico ? emotivo. Ma quante persone sarebbero disposte a spegnere il computer, ora?
Serena Savelli