Uscendo di casa per andare a fare la spesa o al lavoro “essenziale” si prova una strana sensazione, in quest’ultima settimana di Marzo. È raro incontrare auto sulle strade. Dei pedoni il deserto. Le saracinesche dei negozi abbassate. Insegne spente.
Ferragosto, insomma, ma con la sciarpa e il cappotto perché l’inverno è tornato. Tutti in cuor nostro speriamo che il freddo possa spaccare le particelle virali che, forse qua e là, ci aspettano su maniglie dei portoni e pulsanti dei citofoni. Ed ecco l’altra anomalia di questo Ferragosto di Marzo. I nostri guanti, le introvabili e dorate mascherine bianco/verdi.
L’attenzione che una volta si dedicava allo spread, adesso si rivolge ai bollettini del contagio, delle buone notizie leggermente superiori alle cattive, comunque giganti. Anzi, anche lo stesso spread se ne sta seduto con i popcorn davanti lo schermo, ad aspettare numeri e decreti, per decidere come comportarsi.
Pensiamo a noi stessi, ai nostri figli, alla difficoltà di gestire un assurdo quotidiano. Per questo spesso ignoriamo che la gelata che c’è fuori va oltre i nostri corpi incappottati, oltre i nostri cuori preoccupati, oltre la colonna “entrate” dei nostri conti correnti, oltre l’eroismo di moltissimi operatori della salute. Sappiamo che affligge già milioni di imprese ferme o ridotte al minimo, arrivando a colpire le casse pubbliche e i mercati finanziari. Ma ricordiamoci che il dopo sarà diverso dal prima, ci sarà spazio e necessità per il cambiamento.
Dovremmo informarci e riflettere. Che sistema vogliamo dai nostri governanti e dalle aziende. A cosa siamo disposti a rinunciare, del superfluo o del favorevole, per chi ne ha. La sanità, l’ambiente, l’istruzione, la democrazia, il mercato capitalistico, l’assistenzialismo interno, o la solidarietà internazionale. Bisogna avere chiare le priorità del cambiamento perché le risorse, tutte le risorse del mondo, sono limitate.
E invece ci chiediamo solo quando finirà la reclusione in casa. È sbagliato limitarsi a questo, ma è umano. Perché un Ferragosto così, a Marzo, non lo voleva nessuno.
Eugenio Mealli