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Il Concertone delle vocali

Tratto da Urlo n.212 maggio 2023

Anche quest’anno il Concertone del Primo Maggio ha fatto parlare di sé. C’è da dire che tra le gaffe più o meno studiate del Governo su 25 aprile, via Rasella e primo maggio, l’attenzione per quanto si sarebbe potuto esprimere dal palco di San Giovanni era alle stelle. Mentre a Montecitorio si teneva il criticatissimo Consiglio dei Ministri sul Lavoro, l’attenzione (immaginiamo noi) era comunque rivolta a quanto potessero affermare gli esponenti dei sindacati, gli intellettuali e gli artisti arrivati a Roma per l’evento.

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La polemica del giorno dopo infatti si è divisa tra il video della Premier Meloni in piano sequenza fino allo scampanellio di avvio della riunione dei Ministri e il botta e risposta tra il Ministro Guido Crosetto e il fisico Carlo Rovelli, che ha inserito il Ministro nel suo monologo pacifista in cui ha parlato di “piazzisti di morte” e della permanenza (in passato) di Crosetto all’interno della società Leonardo. Il Ministro il giorno dopo ha riferito di non aver visto in diretta l’intervento e di voler invitare Rovelli a pranzo per mostrargli il suo lavoro. Dal canto suo il fisico ha ribattuto declinando l’invito e sottolineando come le spiegazioni vadano date agli italiani e non a lui.

Un botta e risposta classico, colorato, che ha portato il ministro Sangiuliano a parlare di una “brutta pagina” scritta dal Concertone. Non sono mancate poi le critiche sulla manifestazione organizzata dai sindacati, sui costi e sul gravame per la Capitale (come se dovesse essere questo a far tremare i polsi all’Amministrazione Capitolina). Ma alla fine tra le polemiche l’unica che non è stata sollevata è quella in merito a quanto affermato da Ambra Angiolini, presentatrice dell’evento.

La denuncia lanciata da Ambra riguarda l’assenza di parità di genere all’interno del mondo del lavoro. Queste le sue parole riportate anche da alcuni (pochi) giornali: “Avvocata, ingegnera, architetta – dice Ambra – Tutte queste vocali in fondo alle parole sono, saranno armi di distrazione di massa? Ci fanno perdere di vista i fatti e i fatti sono che una donna su cinque non lavora dopo un figlio, che guadagna un quinto in meno di un uomo che copre la stessa posizione. Non lo diceva già la Costituzione nel 1949 che la donna doveva avere gli stessi diritti dell’uomo, nell’art. 36?”. Ambra poi aggiunge: “Che ce ne facciamo delle parole? Voglio proporre uno scambio: riprendetevi le vocali in fondo alle parole, ma ridateci il 20% di retribuzione. Pagate e mettete le donne in condizione di lavorare. Uguale significa essere uguale, e finisce con la e”.

Strano che con un Governo così attento alle parole, con la Premier contraria a qualsiasi femminilizzazione del suo titolo, la battaglia contro gli anglismi e il continuo ricorso all’essere stati fraintesi, non si sia puntato il dito contro queste affermazioni. Forse perché sottendono un dibattito molto più complesso, ed è più facile gestire una polemica con un invito a pranzo.

Leonardo Mancini