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Il futuro nella condivisione

Parliamo di ‘Sharing’: un termine che ormai è entrato a far parte della nostra quotidianità

Questo abusato anglicismo, che descrive l’antica arte della condivisione, viene utilizzato soprattutto nella sfera della mobilità alternativa e sostenibile. Chi non ha mai sentito parlare di “car sharing” o “bike sharing”? In generale le amministrazioni puntano sulla condivisione, per ottimizzare le risorse disponibili e per favorire uno scambio sociale fatto di solidarietà e riduzione degli sprechi. Su questo filo conduttore si muove una nuova forma di condivisione, abbracciata di recente da Roma Capitale, in collaborazione con Confartigianato. Un protocollo che durerà fino alla fine del 2017, orientato al “food sharing”, mettendo a disposizione dei cittadini meno abbienti le risorse alimentari che ogni giorno non vengono utilizzate dagli esercizi commerciali andando, dunque, sprecate. Tutti quei prodotti in avanzo che a fine giornata vengono gettati nei cassonetti dell’immondizia, benché ancora consumabili, potranno avere una loro ricollocazione in una pregevole operazione che strizza l’occhio alla solidarietà e alla riduzione dei rifiuti prodotti, con il fine ultimo di colmare un gap alimentare realmente esistente nella nostra città.

Questa idea dell’attuale amministrazione capitolina fa eco a un’altra iniziativa intrapresa in una delle nazioni più all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità ambientale, della mobilità alternativa e del riciclo dei rifiuti. In Germania, Valentin Thum e Stefan Kreutzberg, qualche anno fa inventarono una vera e propria piattaforma di cessione di alimenti non consumati, ad oggi ancora funzionante e raggiungibile all’indirizzo foodsharing.de. Un esperimento davvero ben riuscito, replicato poi nel tempo in molti altri paesi, tra cui l’Italia. L’iniziativa nostrana ifoodshare.org ha avuto decisamente meno successo (soprattutto per il suo essere troppo macchinosa e poco fruibile) ma anch’essa è ancora in funzione ed è stata precursore di una serie di applicazioni nate con l’intento di mettere in contatto privati con altri privati o con associazioni caritatevoli e di raccolta del cibo. Ma non solo. Attraverso questo tipo di iniziative si possono stipulare accordi con la grande distribuzione o con le aziende che possono fornire materiali, non solo per l’alimentazione umana ma anche per quella animale.

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Cosa c’è di meglio del riutilizzare un bene fino ad esaurirlo? La nostra società, ormai, ci impone sempre più scelte morigerate e orientate al riuso e al risparmio. Associare a queste ormai consolidate pratiche di vita, la buona abitudine ad essere solidali, a fare rete, a creare comunità e ad aiutarsi l’un l’altro, come parti di uno stesso sistema, potrebbe essere veramente quell’atto rivoluzionario che in molti attendono.

Serena Savelli