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La coscienza europea in conflitto

Tratto da Urlo n.199 marzo 2022

Siamo stati ricacciati in uno scenario che le democrazie occidentali non si aspettavano di tornare a vivere: una guerra in Europa. Al netto delle responsabilità e delle conseguenze che questo conflitto sta portando, molte delle quali a breve ricadranno anche sulle nostre economie, al momento è sicuramente il dramma dei profughi ad essere sotto lo sguardo disattento della comunità internazionale.

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Un movimento enorme di persone, soprattutto se consideriamo la velocità con cui si sta compiendo: in due settimane di guerra sono fuggite dal territorio ucraino circa un milione e mezzo di persone. Il paragone con i grandi spostamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale è spiegato proprio da questi dati. Basti pensare che quando nel 2015 si aprì la “rotta balcanica” dei migranti (dopo l’intervento in Siria) ci volle più di un anno per far giungere in Europa 1,3 milioni di persone. C’è sicuramente da dire che l’Ucraina si trova alle porte dell’UE e che il passaggio è infinitamente più semplice, ma resta una situazione straordinaria. Altro dato degno di nota è quello fornito da Il Post che segnala come in 2 settimane siano già fuggite dall’Ucraina più del doppio delle persone arrivate via mare in Italia negli ultimi otto anni (spesso anch’esse in fuga da conflitti).

Viene da chiedersi se bastino questi numeri eccezionali a far cambiare la prospettiva degli europei nei confronti degli ucraini in fuga dalla guerra, rispetto a quanti arrivano sulle nostre coste “traghettati” dagli scafisti.

Sicuramente contano molto le comunità già presenti in tutta Europa così come in Italia, dove molte famiglie hanno legami con persone che provengono dall’Est, impiegate soprattutto nella cura dei nostri anziani. Inoltre è proprio verso queste comunità che chi scappa si dirige e appoggia, probabilmente con lo scopo di rientrare non appena possibile.

Sono le stime dell’UE a preoccupare e a dare il senso dello scenario futuro. Si tratta di un flusso di profughi che potrebbe toccare i quattro milioni di persone in cinque mesi (l’equivalente di circa trent’anni di barconi sulle nostre coste). L’UNHCR ha sottolineato come, se ad oggi a scappare sarebbero solo le famiglie del ceto medio, con contatti all’estero e capaci di organizzare e sostenere (anche economicamente) la prospettiva di uno spostamento a lungo termine, la seconda ondata di profughi (spiega in un’intervista il Direttore Filippo Grandi a Repubblica) sarà invece composta da persone “con meno soldi e legami” e che probabilmente non avranno la possibilità di raggiungere paesi diversi da quelli di confine. Sarà allora che forse le tensioni potrebbero crescere, aprendo un nuovo fronte tutto interno all’UE e alle coscienze degli europei.

Leonardo Mancini