Tratto da Urlo n.176 Febbraio 2020
Fate un piccolo sforzo di immaginazione. Pensate ad un evento della vostra vita che sia fisso nei ricordi. Il matrimonio, un risultato sul lavoro oppure il rapporto che avete con un amico. Bene, ora immaginate che arrivi qualcuno e vi dica che questo fatto, così come è impresso nella vostra mente, non è mai esistito. Vi convinca che i fatti hanno preso una piega diversa e che il vostro ricordo, anche se fino a poco fa vivido nella mente e condiviso con chi vi sta a fianco, non è reale o si discosta radicalmente dalla realtà.
Una situazione impensabile, degna giusto della penna di George Orwell e di quel Ministero della Verità che in “1984” era impegnato unicamente a riscrivere e revisionare la realtà dei fatti, per far sì che questa fosse sempre attualizzata alle necessità dei tempi. Nessuno di noi potrebbe arrivare a pensare di aver completamente travisato la realtà, mentre ci opporremmo con tutte le nostre forze a chi cercasse di riscrivere i nostri ricordi, la nostra memoria.
Bene, ora immaginate che questa operazione non venga messa in atto su di un nostro personale ricordo, ma nei confronti di un evento condiviso, storico, non più personale, né tantomeno vissuto direttamente. Immaginate che la riscrittura venga realizzata sulla nostra memoria storica, così da attualizzare e rendere presentabile qualsiasi avvenimento del passato. Impossibile?
I dati del Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes ci riportano una realtà tutt’altro che incoraggiante. Dal 2004 ad oggi infatti sarebbe radicalmente aumentato il numero di italiani che crede che la Shoah non sia reale. Se nei primi anni del 2000 questo numero si attestava al 2,7%, oggi il 15,6% non crede ai campi di sterminio, alle deportazioni e al genocidio di milioni di persone. In aumento, ma con una crescita più lenta, il numero dei nostri concittadini che, pur ‘accentando’ le vicende della Shoah, ne ridimensiona portata, numeri ed effetti. Sono oggi il 16,1%, mentre erano l’11,1% nel 2004.
È una cosa strana la memoria, difficile da afferrare e da custodire, soprattutto quando è collettiva e quindi, per sua natura, alla portata di tutti. Su questo lavora il revisionismo: ricostruire la memoria collettiva, rendendo accettabili o sdoganando comportamenti, eventi e personaggi fino a ieri deprecabili. È con questo lavoro sotterraneo che si costruiscono percentuali importanti, in politica come nella società. Così si arriva al 61,7% di italiani (anche questi dati Eurispes) che non credono che i casi di antisemitismo nel nostro Paese siano indice di un reale problema. Oppure al 37,2% che legge questi episodi come bravate, provocazioni o scherzi. È strana la memoria. È in pericolo la memoria. Soprattutto in un mondo che dista solo pochi decenni da quel tragico, impossibile, immaginario e reale, “1984”.
Leonardo Mancini