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Memoria muscolare o dipendenza?

Tratto da Urlo n.210 marzo 2023

Negli ultimi giorni alcuni quotidiani online hanno mostrato le immagini di un’incidente stradale. La spettacolarità di questo incidente avvenuto a Houston, negli Stati Uniti, sta soprattutto nel fatto di essere stato ripreso involontariamente dalla telecamera di un podcaster intento a registrare una puntata del suo programma in un bar del centro. Il ragazzo e il suo intervistato vengono ripresi frontalmente con alle spalle la vetrata del locale, ma pochi istanti dopo che l’intervistatore aveva affermato “Questo è un posto veramente tranquillo”, alle sue spalle si nota un suv effettuare una manovra azzardata e dirigersi a velocità elevata proprio verso i due ignari ragazzi. Lo schianto contro la vetrata è inevitabile, ma fortunatamente nessuno dei due riporta ferite. La telecamera continua a riprendere anche gli istanti immediatamente successivi, con l’intervistatore che si alza di scatto e l’intervistato che invece sembra rimanere impassibile. L’unico tratto che tradisce il suo stupore è la sua espressione che rapidamente si trasforma in un sorriso.

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Ma la cosa che più mi ha colpito di questo video non è l’incidente, la casualità della ripresa in diretta o il fatto che fortunatamente non ci siano stati feriti (nemmeno nell’auto). Quello che impressiona è il gesto dall’intervistato negli attimi immediatamente successivi, mentre si solleva dalla sedia che per pura casualità non era stata travolta. Con un automatismo straordinario e quasi senza dover nemmeno spostare lo sguardo, sfila dalla tasca il suo telefono, sblocca la fotocamera e inquadra l’auto. Il tutto nel giro di pochissimi istanti, con una naturalezza e fluidità totalmente estranee al clima concitato che l’incidente appena avvenuto dovrebbe invece richiamare.

Mi chiedo, quando si raggiunge quel grado di automatismo? Soprattutto quando si raggiunge quella disinvoltura tale da sembrare un semplice passante che con cattivo gusto riprende un sinistro, piuttosto che una delle persone coinvolte nello stesso incidente?

La risposta che mi sono dato riguarda il tempo. I secondi, i minuti e le ore che quotidianamente passiamo incollati agli schermi dei nostri telefoni. A scrivere, a cercare, a fotografare o semplicemente a scrollare distrattamente le immagini dei social. I dati a riguardo sono interessanti e fanno ben capire come la nostra memoria muscolare, prima ancora che la dipendenza mentale e sociale da questi strumenti, siano ben allenate. Basti pensare che dei dati del 2022 parlano di una media a persona di circa 7 ore al giorno passate davanti ad uno schermo. Quattro delle quali vengono spese attaccati allo smartphone.

Può bastare questo a spiegare il comportamento di quel ragazzo che prima ancora di assicurarsi della propria salute, di quella di chi lo stava intervistando e al limite di quella degli occupanti dell’auto, tira fuori il cellulare e riprende la vetrata infranta? Oppure c’è dell’atro?

Leonardo Mancini