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Non ci meritiamo una Presidente della Repubblica

Foto: Wikipedia

Tratto da Urlo n.198 febbraio 2022

Nonostante tutto, l’elezione del Presidente della Repubblica ha regalato alcune sorprese. Al netto della convergenza sul Mattarella bis (forse l’unico elemento non sorprendente), ciò che più è saltato agli occhi è l’impreparazione della nostra classe dirigente davanti ai meccanismi democratici. Non è un caso se la stampa estera (in Europa come nel mondo anglosassone) ha guardato con preoccupazione a questa congiuntura, invitando i nostri politici a fare presto, vista la situazione internazionale con la crisi in Ucraina, lo sfondo del Covid e i fondi del Pnrr da gestire. La preoccupazione delle maggiori democrazie occidentali, molte delle quali eleggono direttamente la loro carica più alta, stava tutta nelle lungaggini dovute all’indecisione, ai giochi di palazzo e ai sotterfugi politici tipici del bel paese.

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Non è un caso se questa elezione ha lasciato sul campo il cadavere della coalizione di centro destra (con la Meloni come unica vincitrice della partita, seduta sulla riva in attesa) e non pochi dissidi nei vertici del M5S. Purtroppo le olimpiadi del transatlantico bisogna saperle fare, altrimenti a scottarsi, a farsi male, ci vuole poco.

Ma ciò che forse è il dato più lampante, allo stesso tempo tristissimo, è che ancora non ci meritiamo una Presidente della Repubblica. Il dibattito sulla corsa al Quirinale per alcune figure femminili (soprassedendo sull’opportunità di candidare il vertice dei servizi segreti) ha mostrato ancora una volta il lato più becero, sessista e misogino della nostra classe dirigente. Lo specchio del Paese diranno in molti, sicuramente, ma il dibattito sull’uguaglianza e sulle discriminazioni di genere in Italia negli ultimi anni ha fatto anche degli enormi passi in avanti, lasciando però indietro chi dei cittadini dovrebbe essere espressione.

Così ci troviamo a dover ascoltare delle affermazioni in diretta tv o a leggere delle dichiarazioni dove si parla del tentativo fatto per eleggere una donna, dando la colpa del fallimento a quella o all’altra forza politica. Allo stesso tempo ci troviamo di fronte (e personalmente ne ho davvero abbastanza) a frasi come “vogliamo candidare una donna in gamba”. Chissà perché non si usa lo stesso atteggiamento parlando di candidati maschi? Le capacità in quel caso sono forse sottintese? L’apprensione con cui il mondo guardava il nostro Paese e la sua classe dirigente (maschile per la maggior parte), in questo momento così delicato, dice tanto sulla considerazione che godono all’estero questi straordinari maschietti.

E non si dica che il popolo italiano non è pronto ad una Presidente della Repubblica, il problema, se non ci indigniamo, è che forse ancora non ce la meritiamo.

Leonardo Mancini