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Una risorsa per il Mondo

L’editoriale di Urlo per il mese di settembre

Tratto da Urlo n.149 settembre 2017

Se ci si ferma un momento a riflettere sul concetto di diversità etnica e culturale, che magari molti di noi hanno avuto modo di sperimentare (comodamente, perlopiù) per una manciata di giorni durante le proprie vacanze estive, è impossibile non riflettere sulla condizione delle migliaia di migranti che ogni giorno arrivano sulle nostre sponde, sperando in un futuro migliore o tentando di raggiungere i propri cari fuori dai confini italiani. L’essere “in minoranza”, non poter contare sulle solite abitudini, sulla propria lingua, sull’essere simile al vicino di bus o plasmato all’interno dell’ambiente circostante, è una condizione che forse, prima o poi, tutti dovremmo provare. Per metterci, semplicemente, nei panni di qualcun altro prima di dare opinioni senza conoscere, senza capire, dettate da una rabbia cieca. Questo tema ormai ci riguarda, eccome.

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Centinaia, anzi migliaia di ragazzi italiani partono alla ricerca di un futuro migliore altrove, in Europa o ancora più fuori, sempre più lontani dalle famiglie, dagli affetti o, semplicemente, dalle proprie, rassicuranti abitudini. Siamo tornati ad essere, negli anni, un popolo migrante e le difficoltà legate alla sfera più emotiva sono simili per tutti quelli che se ne vanno da casa non per scelta ma per necessità.

Quasi mai i popoli amano le contaminazioni e spesso diffidano di ciò che non conoscono. La povertà, che colpisce indiscriminatamente e senza una logica (accanendosi, e questo c’è da dirlo, più su alcuni che su altri) è qualcosa di cui tutti hanno paura ma che in pochi combattono. Nel mondo ci saranno sempre poche persone fortunate e una marea di disgraziati. Le differenze tra il ricco e il povero, tra il colto e l’ignorante, tra chi vive e chi sopravvive, saranno sempre più grandi, come più grande sarà l’odio tra le due parti, in un bacino generale di angosciante indifferenza.

È ovvio che la sofferenza non debba essere utilizzata come alibi per l’illegalità, come è altrettanto normale che il potere non debba essere solo distruttivo, ma costruttivo, dando la possibilità a tutti di rimettersi in pari con la società civile, di pagare un debito quando dovuto, di ricompensare la generosità, di vivere nelle regole e di avere un futuro che non navighi solo nell’odio e nel luogo comune. Credo che le persone siano una risorsa per il mondo che, senza, sarebbe solo un ammasso (bello e inutile) di acqua, terra e cielo.

Dovremmo restare umani, come diceva Vittorio Arrigoni: “Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere – diceva – credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana”.

Serena Savelli