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Un’unghia rosa

L’8 marzo il conto delle vittime della pandemia di Covid-19 in Italia ha toccato le 100mila vittime. Si è parlato di un numero superiore ai caduti della campagna di Russia (circa 95mila vittime). Anche in questo caso come allora la battaglia è ancora una volta, mondiale. La conta dei caduti è dura, precisa e asettica. Parte il 22 febbraio del 2020 con la morte dell’imprenditore edile Adriano Trevisan, 78 anni di Vo’ Euganeo, e prosegue, incessante, colpendo una famiglia ogni 250, spopolando in poco più di un anno una media città italiana. È come se fosse sparita dalle carte geografiche una città come Udine (100.170 abitanti) o come Ancona (99.077).

Sono numeri che devono fare il paio (anche quantitativamente) con quelli di un’altra catastrofe diffusa a fine febbraio scorso dall’Istat in merito alla disoccupazione nell’annus horribilis del Covid. Per il 2020 l’Istituto Statistico Italiano ha contato 101mila nuovi disoccupati (ancora una volta una media città italiana). Di questi una larghissima parte, circa 99mila, è rappresentata da donne. Lavori non stabili, con contratti a tempo che, naturalmente, nell’incertezza economica o nell’assoluta mancanza di lavoro non sono stati rinnovati.

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C’è anche da dire però che la pandemia non ha fatto scoprire al nostro Paese e agli analisti un dato nuovo, inedito e imprevedibile. Si tratta di un trend di lungo corso al quale il Covid ha solo dato un’accelerata. Sono i dati dell’Ispettorato del Lavoro (giugno 2020) a delineare il quadro occupazionale nel corso del 2019, quando ancora la pandemia globale, il lockdown generalizzato e la campagna vaccinale non erano altro che temi adatti a film e romanzi distopici. In quel periodo sono state 37.611 le donne lavoratrici appena diventate madri che si sono dimesse. Un dato che preso da solo non restituisce un quadro reale della situazione. Ma proviamo ad affiancare il dato sulle dimissioni a quello sull’approvazione di richieste di part-time o di lavoro flessibile per genitori (uomini e donne) con figli piccoli. Beh la situazione cambia, dato che solo nel 21% dei casi queste richieste sono state accettate.

Si è parlato a lungo in questi mesi della necessità di far ripartire il nostro sistema economico e il mondo del lavoro in maniera più giusta ed egualitaria. Si è anche detto che l’investimento dovrà coinvolgere per prime le lavoratrici. Purtroppo di misure sensazionali ancora non se ne sono viste e l’attesa per questi interventi ormai ci ha stufato. Le dichiarazioni e le promesse sembrano avere un sapore stantio. Una vecchia storia già vista, che si scontra con quell’unghia rosa dipinta nottetempo dall’artista Ivan Tresoldi sul ‘dito medio’ di Cattelan, davanti al palazzo della Borsa di Milano. Un segnale, un simbolo e un monito, a non dimenticare e a non lasciare indietro nemmeno una sola lavoratrice.

Leonardo Mancini