
Smorfia e Cabala ovvero il profano e il sacro applicato all’interpretazione dei sogni. Ci sono molti ambiti dove questi due aspetti, apparentemente in contraddizione tra loro, convivono. In epoca medievale, quando la scrittura musicale era prevalentemente a carattere sacro, fioriva nelle strade e nelle taverne anche la musica profana e non di rado i musici che componevano polifonie per le grandi cattedrali gotiche si dilettavano scrivendo canzonette popolari. Quindi, mentre possiamo intrattenerci attingendo alla musica sacra e profana, allo stesso modo possiamo decidere di affidarci alla Cabala o alla Smorfia nel convertire i nostri sogni in numeri da giocare alle lotterie come nel caso del 10elotto.
Visto che la Cabala è una dottrina ebraica indirizzata all’interpretazione simbolica del senso profondo e segreto della Bibbia, forse è meglio affidarsi alla Smorfia a meno che non si possiedano profonde nozioni di erudizione e non si conosca la lingua ebraica antica, quella con cui sono state scritte le prime versioni arcaiche della Bibbia.
Nel voler convertire i nostri sogni in simboli e questi ultimi in numeri bisogna tenere conto che questa operazione è tutt’altro che semplice. I sogni da valutare devono essere ricordati in modo molto nitido altrimenti si corre il rischio di interpretare i simboli in maniera errata. Da un certo punto di vista potremmo pensare che un simbolo valga l’altro purché sia convertibile in numeri; tuttavia, se si dà retta alla credenza secondo cui sono direttamente i defunti a inviarci in numeri in modo cifrato, ecco che la corretta interpretazione dei sogni diventa indispensabile.
Nella consultazione della Smorfia un altro problema è rappresentato dal fatto che ci sono simboli associabili a più numeri. Se si sogna, ad esempio, il proprio cane che abbaia i numeri da giocare sono il 5 e il 25. Possiamo scegliere quale giocare oppure decidere di giocarli ambedue.
Tra i 90 numeri della Smorfia ve ne sono di iconici, resi celebri anche al di fuori dell’ambito strettamente legato al gioco. È il caso del numero 47 nel tormentone “Vota Antonio” tratto dal film “Gli onorevoli”.
In un episodio di questo film del 1963, composto di 5 parti per la regia di Sergio Corbucci, Totò in qualità di candidato alle elezioni imbastisce una campagna elettorale molto casereccia urlando con un megafono improvvisato dal bagno di casa sua.
Poiché nelle votazioni è possibile indicare una preferenza anche apponendo un numero di fianco al simbolo della lista elettorale, Totò saggiamente, oltre a indicare il proprio nome e Cognome, Antonio La Trippa, indicava anche il numero di lista, il 47, magari più semplice da ricordare. La gag consisteva nelle risposte che riceveva a questa sua improbabile modalità di pubblicizzarsi ed infatti al numero 47 invariabilmente qualcuno rispondeva “morto che parla” rifacendosi scherzosamente alla smorfia, anche se a voler essere precisi il morto che parla è rappresentato dal numero 48.