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Birra d’alta quota

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In viaggio, bicchiere in mano, tra le montagne friulane della Carnia

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Dal tempo della gloriosa Repubblica di Carnia del 1944, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia ed oggi questa terra compresa nella provincia di Udine, in Friuli, è decisamente cambiata. Ma il suo fascino resta intatto. Un luogo dove ritrovare lo spirito della montagna, dove scorci e architetture, usi e gastronomia, paesaggi e tradizioni si sono mantenuti intatti nel tempo. Un luogo fatto di ampi spazi naturali, a tratti ancora selvaggi, di vette mozzafiato e valli spettacolari. Una terra allo stesso tempo dura, dal clima particolarmente rigido in inverno, che sa conquistare con la sua schietta bellezza e le sue caratteristiche uniche. Sapete ad esempio che qui la vegetazione scompare ad altitudini molto più basse che nel resto nelle Alpi? Almeno 300 metri in meno rispetto alle Dolomiti trentine. Questa è la Carnia, o Cjargne, come la chiamano da queste parti. E proprio qui si svolge il nostro viaggio alla scoperta di un altro autentico scrigno per veri birrovaghi. Già perché all’ombra delle Dolomiti friulane si nascondono alcuni dei birrifici più interessanti della regione e non solo.

Fatte le dovute presentazioni, passiamo alle dritte. Partiamo col dire che la Carnia è un territorio per tutte le stagioni, con la sua rete di sentieri, le piste da sci in inverno, passando per equitazione, rafting e un pizzico di cultura. Molti sono infatti i musei da non perdere, tra cui ho particolarmente apprezzato il Museo Archeologico di Zuglio e quello della Grande Guerra di Timau. Ma soprattutto per un appassionato di trekking, come il vostro umile cronista, sono le alte vie montane a farla da padrone. Ma non finisce qui. Non si può visitare la Carnia, senza perdersi a zonzo nei piccoli borghi dove ritrovare architetture tradizionali e dove la “forma paese” è ancora ben distinguibile, con le case raggruppate attorno alla piazza, la chiesa e l’immancabile osteria. Tutto attorno, gli orti e i campi coltivati.

Un possibile itinerario, può prevedere come prima tappa Sutrio, “il paese del legno”, che si trova all’imbocco della Valcalda ed è principalmente conosciuto, guarda caso, per l’abilità dei suoi artigiani nella lavorazione e nell’intaglio del legno. Ad uno di essi si deve il famoso “Presepio di Teno” che riproduce scene di vita popolare, rese ‘vive’ grazie ad una serie di ingranaggi meccanici. E poi ci sono le case dei “cramars”, i venditori di stoffe e spezie che varcavano i confini della Carnia per commerciare i loro prodotti all’estero. Suggestivo. Ma siccome la fame (e la sete) in cammino si fa sentire, lasciamo Sutrio per raggiungere un antico paese noto per la bellezza dei suoi paesaggi e le prelibatezze locali.

Circondato da una corona di monti che hanno determinato un lungo isolamento dal resto della Carnia, rendendolo uno dei luoghi più affascinanti della regione, Sauris, in saurano Zahre, è il comune più alto del Friuli Venezia Giulia (1.400 slm). Il borgo oggi è meta di numerosi turisti per varie ragioni. Qui ad esempio è sorto il primo “albergo diffuso” della regione e in paese hanno sede diversi ristoranti di ottimo livello dove mangiare formaggi, prosciutto e speck locali, le succulente polente e piatti della tradizione come i cjarsons, agnolotti di pasta di patate con ripieno a base di ricotta e di una gran varietà di ingredienti: spezie, frutta secca, uva sultanina, erbe aromatiche, etc. Si dice che la ricetta anticamente variasse a seconda di quel che le donne recuperavano dal fondo dei cassetti dei cramars, quando tornavano a casa, dopo aver percorso a piedi le strade d’oltralpe. L’ambiente naturale inoltre è dominato da boschi e da ampie vallate, dove pascolano libere le mucche e dove si trovano le malghe che producono il citato formaggio. Ma a Sauris si viene anche per un altro motivo, più che valido: il Birrificio Zahre Beer, che dal 1999 produce con maestria birre artigianali di ispirazione tedesca (si veda box). Impensabile abbandonare il paese senza aver visitato il birrificio o provato almeno l’abbinamento tra la loro Pils e il prosciutto del vicino Wolf, così come l’incontro tra i suadenti formaggi locali e l’ambrata Vienna.

Infine eccoci a Forni di Sopra, l’abitato di circa 1.200 anime a 900 metri di altitudine dove ha sede l’ottimo Birrificio Foglie d’Erba (vedi box). Berti, un accademico del C.A.I., la descrisse assai bene “come borgo ai piedi delle Dolomiti orientali adagiato in una conca aperta ricca di pascoli e boschi. Stazione turistica a partire dai primi anni del novecento, Forni rappresenta probabilmente il ponte ideale fra Carnia e Cadore, con il passo della Mauria che unisce, più che dividere, le due regioni alpine”. Antico insediamento nella vallata, il nome fa pensare ad origini romane, conserva ancora un centro storico niente male che vi consiglio di visitare (sempre con la regola del sano bighellonare), con abitazioni in pietra e legno, ed interessanti opere artistiche, soprattutto nelle chiese. Uno degli aspetti che tuttavia mi ha colpito di più è l’attaccamento a questa terra da parte degli abitanti del luogo che qui vivono tutto l’anno e non soltanto durante la stagione turistica, permettendo di mantenere salde tradizioni e cultura locali, cosa ormai rara. A conferma di ciò, la percentuale elevatissima di turisti che frequentano la località da anni e continuano a tornarvi. Sul fronte sportivo c’è da dire che sebbene 900 metri non siano un’altezza vertiginosa, si scia tutto l’inverno e le strutture ricettive non mancano. Bene anche la ristorazione: Forni di Sopra infatti è conosciuta per la sua tipica cucina, composta da piatti a base di erbe di montagna apprezzate fin dai tempi della Serenissima, e di prodotti naturali.

Beh, a questo punto non possiamo più aspettare. Boccale in spalla, la Carnia ci aspetta!

La Redazione