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“Ramona e Giulietta”

ROMA – Mercoledì 20, in occasione della Festa del Cinema di Roma, va in scena al MAXXI di Roma lo spettacolo “Ramona e Giulietta, quando l’amore è un pretesto”, rivisitazione della tragedia shakespeariana in chiave lgtb. Lo spettacolo è stato messo in scena dalle attrici del carcere femminile di Rebibbia dirette da Francesca Tricarico e con le musiche di Giulia Ananìa. Lo spettacolo realizzato dall’ass. Per Ananke, sostenuto dalla Regione Lazio e Lush, è frutto di un intenso lavoro all’interno della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia durato sei anni. Una campagna di sensibilizzazione? Direi piuttosto la volontà di infrangere quei tabù che ancora esistono oltre i cancelli all’interno del carcere, invocando in aiuto le arti e affidandosi, in questo caso a quella del teatro. “Un nuovo lavoro quello con le signore ammesse alle misure alternative ed ex detenute che vuole accompagnare le nostre attrici nella delicata fase del reinserimento fuori le mura carcerarie, ma soprattutto continuare a far sentire la loro voce attraverso il teatro, protette dal racconto e dai grandi autori, affinché il ponte tra la società esterna e il carcere sia sempre più percorribile. Il teatro è una forma di consapevolezza di sé e dell’altro, della società, per chi lo pratica ma anche per chi lo osserva in qualità di spettatore. La forza la necessità delle nostre attrici in scena di raccontare, di emozionare ed emozionarsi dimostra che non esiste un noi ed un loro perché il carcere è parte della società.”  Ha dichiarato la regista Francesca Tricarico per evidenziare l’urgenza e la complessità di questo lavoro collettivo.

Uno spettacolo scritto e fortemente voluto dalle attrici detenute e dalla regista per raccontare come l’amore, così come il teatro, può divenire, se già non lo fosse, pretesto di molto altro. Ma l’amore è poi così diverso dentro o al di là delle sbarre? Se per le detenute della casa circondariale femminile di Roma Rebibbia è tutto più duro, nonostante i cancelli, le sbarre, i pregiudizi si riesce a trovare lo stesso la forza di amarsi e gridare a squarciagola il proprio amore. Per l’appunto lo spettacolo diventa l’opportunità per raccontare il carcere, ma anche per dare sfogo alla rabbia del singolo che si trasforma in grido collettivo, o piuttosto l’occasione di interrogarsi su come e quanto il carcere sia la lente di ingrandimento della società esterna.

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Riccardo Davoli