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TEDUA – La Divina Commedia

Il tanto atteso album di Tedua, intitolato La Divina Commedia, è finalmente uscito dopo anni di lavoro e si pensava che avrebbe lasciato il segno nel panorama musicale italiano. Tuttavia, il disco sembra non aver convinto del tutto.

Da un lato la pressione delle major che esigono dischi spazzatura ogni anno e singoli inutili ogni sei mesi e dall’altro un ragazzo caduto in depressione durante il lockdown. La forza per risorgere dagli inferi fino all’ambita consacrazione definitiva è stato un prezzo a cui si è dovuto sottomettere per riuscire. Ma la sorte, si sa, a volte fa brutti scherzi perché sembra che qualcosa non sembra essere andato nel verso giusto.

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Fin dai primi ascolti, e non ci sono dubbi, è evidente che La Divina Commedia sia un lavoro ambizioso. L’intro, d’altronde, sembrava aver indirizzato tutto quanto nella direzione giusta. Ed anche il concept annunciato sembrava promettere bene. La citazione dantesca, la suddivisione in canti non sembrano aver premiato l’audacia concettuale e musicale di quest’impresa. Se il fine sembra quello della confessione e l’intenzione quella di sviscerare al mondo le proprie incazzature, i propri passi falsi ed il racconto di qualche successo, il mezzo usato è quello di un sound vecchio e da sedicenni. Un suono saturo che riesce a fiaccare anche le barre più convincenti.

Penso che il problema dell’intero disco sia la mancanza di coesione e forse sarebbe stato il caso di alleggerire affrontando il tutto con un bellissimo “Tutto Scorre”. Le frecce giuste ma scoccate con l’arco sbagliato.

Riccardo Davoli