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Sipario

Quando la fine è solo una nuova partenza

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Negli ultimi anni la fruizione dell’intrattenimento è notevolmente cambiata, come del resto sono variate le abitudini delle persone, nonché la comunicazione tra le stesse. Basti pensare a come le applicazioni di messaggistica istantanea hanno mutato la percezione del tempo nonché il livello di attenzione, che oscilla tra picchi altissimi, veloci e dalla durata sempre più bassa. Tutto questo, se ci si pensa bene, può essere applicato anche alla vita quotidiana, costellata di cibo sempre più “street”, di shopping online, di app per fare qualsiasi cosa, di stimoli in quantità così massicce che quasi tendono a perdere di valore.

Alzi la mano chi non si è lasciato trascinare dalla moda degli ultimi anni: le serie televisive. Ma perché ci piacciono così tanto? Sicuramente non solo per il carico di emozioni che riescono a darci, prolungato tra l’altro nel tempo, ma anche perché esse rappresentano delle compagne fidate della nostra quotidianità. A differenza delle intramontabili pellicole cinematografiche, che hanno l’indubbio merito di entrare nella storia culturale e nei cuori delle persone grazie alla loro potenza comunicativa racchiusa in un paio d’ore di media, le serie dilazionano la narrazione rendendola semplicemente differente, forse più adeguata ai nostri tempi così stretti e veloci. Un buon film, se di qualità, deve concentrare tutte le sue doti in poco tempo, grazie all’ausilio di magistrali tecniche di regia, di sceneggiature forti e di prove attorali sublimi. Li vediamo e rivediamo, per tutta la vita, quando ci colpiscono ed entrano a far parte del nostro background culturale. Entrano, a volte, a far parte del mito, della leggenda. Una serie può darci tutto questo?

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Clamoroso ed emblematico è stato il caso di Game of Thrones, che di recente ha lasciato orfani milioni di fan sparsi in tutto il mondo. La sua capacità di creare un vero e proprio tessuto di socialità e scambio ci porta a fare considerazioni su come cambiano i media e i loro format, di pari passo alla trasformazione delle esigenze culturali delle epoche che si susseguono.

Con le loro puntate brevi, i personaggi ben caratterizzati e la narrazione diluita nei mesi, le serie televisive si mostrano come simboli perfetti del nostro tempo. Si potrebbe parlare, in un certo qual modo, anche di “appiattimento” derivato da una fruizione più leggera e meno attenta, a volte persino disinteressata. Rapportato al nostro presente, questi tratti ben si ritrovano anche nell’informazione online (che spesso ha reso più superficiale quella cartacea), nella comunicazione sui social (ben meno impegnativa di quella in presenza), nella cultura del tutto, subito e già pronto per l’uso.

Eppure un buon finale resta sempre un buon finale, anche in una serie televisiva. È ciò che dà compimento a una narrazione ben fatta, e che dà un senso alle energie spese e al tempo perso. E quando cala il sipario sui personaggi che hanno reso le storie così fantastiche, così come sulla finzione che ha trasformato le nostre serate in momenti coinvolgenti, resta comunque la soddisfazione di aver portato a compimento un percorso. A differenza di un film, che vediamo e rivediamo più volte, una serie resta spesso un’esperienza unica e mai fine a se stessa, che ci rende predisposti a vivere una nuova avventura. La fine, così, non è mai veramente un epilogo, ma un ottimo punto di partenza. E allora, buona visione.

Serena Savelli