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Emilio Garroni: “Uno sguardo attraverso”

Una lectio magistralis per ripercorrere insieme il pensiero e le riflessioni di Emilio Garroni, un filosofo che ha saputo descrivere il nostro tempo con raffinato ingegno e profonda sensibilità.


Emilio Garroni nasce a Roma il 14 dicembre del 1925. Dal 1951 è stato assistente volontario di Filosofia teoretica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma; ha conseguito nel 1964 la libera docenza in Estetica; è diventato Professore ordinario di Estetica nel 1973. Gli è stato conferito il titolo di Doctor honoris causa della Universidad de la Plata (Argentina) il 2 novembre del 1993. Muore a Roma il 5 agosto del 2005.
Dopo essersi occupato negli anni Cinquanta e Sessanta prevalentemente di storia e critica d’arte e negli Sessanta e Settanta di semiotica generale, in particolare dei cosiddetti linguaggi non-verbali, si è applicato soprattutto nel campo dell’estetica e della filosofia più in generale, riflettendo a lungo sulla Critica del Giudizio di Kant.
La sua bibliografia comprende, insieme ad alcune opere di narrativa e a numerosi articoli comparsi su riviste letterarie e pubblicazioni accademiche, diversi volumi di filosofia tra cui
La crisi semantica delle arti (1964), Semiotica ed estetica. L’eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico (1968), Pinocchio uno e bino (1975), Estetica ed epistemologia. Riflessioni sulla “Critica del Giudizio” (1976), Senso e paradosso. L’estetica, filosofia non speciale (1986), Estetica. Uno sguardo-attraverso (1992), Immagine, linguaggio, figura. Osservazioni e ipotesi (2005).

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La Cieg – cattedra Internazionale Emilio Garroni (www.cieg.info) – nasce in questi anni con lo scopo di promuovere la conoscenza e la diffusione delle sue opere, le ricerche sul suo pensiero. Per questo, è impegnata nell’organizzazione periodica di riunioni e convegni nazionali, nella realizzazione di edizioni speciali, nel sostegno alle traduzioni in lingue straniere, nell’istituzione di corsi e di cicli di lezioni, con la partecipazione a congressi internazionali. In un’epoca in cui l’università risente fortemente in maniera negativa di un clima culturale incerto, di crisi, di svalutazione del suo ruolo pubblico, la Cieg dovrebbe agire come un virus benevolo che si inserisce opportunisticamente all’interno degli spazi accademici e degli interstizi culturali, per promuovere la libera elaborazione del pensiero, della riflessione, del sapere, evitando le logiche di potere, coinvolgendo gli studenti e tutti gli interessati.

Dopo Paolo Virno, Tullio De Mauro, Pierluigi Petrobelli, Herman Parret, Umberto Eco, martedì 14 dicembre presso l’aula VI di Villa Mirafiori (facoltà di Filosofia), si è tenuta una lectio magistralis con il poeta – e docente di letteratura francese all’università di Pisa e Cassino – Valerio Magrelli intitolata “Logiche di inclusione letteraria”, per analizzare i diversi modelli di trasmissione e trasformazione della letteratura e della poesia.

“Le lezioni di Garroni sono le prime in assoluto che seguii. Non mi laureai con lui per una strana coincidenza, perché mi ero preparato su Kant, Wittgestein, Heidegger e avevo dedicato sette anni a studiare il tedesco, ma lui continuava a propormi solo tesi di autori inglesi e non riuscimmo ad arrivare ad una mediazione. Il risultato fu un ornitorinco, cioè grazie a tre anni di storia della filosofia, mi laureai con Gregory. E come una sorta di mutante, mi trasformai da studioso di filosofia estetica in studioso di francesistica” – ricorda Magrelli – “Dovetti prendere atto di una sorta di afasia nei riguardi della teoria. Ero una spugna durante il percorso accademico, ma non ho mai scritto una riga relativamente a ciò che poi studiavo. Ho riaperto oggi Estetica ed epistemologia dopo trent’anni ed ho ritrovato intatte forme di appunti completamente diversi da quelli che faccio oggi, una calligrafia che non è neanche la mia”.

“‘L’indizio x è bello è veramente sui generis, è strano e singolare’. Mi piaceva molto questo problema dell’eccezionalità del giudizio estetico” – spiega il poeta – “Dice che il gusto è apodittico. La frase che per me rappresentava uno scudo contro certi arrembaggi della neoavanguardia, ‘L’esempio è l’unico rappresentante della regola’. Octavio Paz, nel suo libro Il castello della purezza, diceva che l’azione avanguardistica è come un dardo: l’oggetto estetico, l’azione estetica, l’atto, l’esempio sono come un dardo che una volta lanciato non può essere riutilizzato. Per me era importante che l’esempio fosse insieme regola: l’impossibilità di una precettistica, la rottura epistemologica rappresentata dalla Critica del Giudizio”.

“Affermazione cruciale” – prosegue Magrelli – ” ‘L’analogia e la correlazione tra libero gioco e gioco non libero, esperienza estetica e conoscenza offre la possibilità di giustificare in modo plausibile la funzione dell’esperienza estetica, sia produttiva che contemplativa come una sorta di inevitabile anticipazione, riscontro, abbreviazione e totalizzazione della conoscenza’. Erano veramente brecce che si aprivano all’interno di compartimenti stagni, parliamo del ’77 ’78. Si tratta di comprendere i modi mediati attraverso cui l’esperienza estetica può essere considerata anche un’esperienza conoscitiva”. In questo modo, il problema estetico si innestava sul problema epistemologico e l’arte sembrava aprire gli occhi alla cecità dell’uomo, permettendo di cogliere la natura circuitale delle cose, dell’essere, e sostenendo la razionalità nei passaggi più cruciali.

Ilaria Campodonico
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