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La basilica dei santi Silvestro e Martino ai monti e i suoi sotterranei

san silvestro

La basilica venne fondata da Silvestro I su un terreno donato da un esponente della famiglia degli Equizi (da cui il nome di Titulus Equitii) nel IV secolo.

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Inizialmente la chiesa era un oratorio dedicato ai martiri. Proprio qui, nel 324, si tenne un incontro preparatorio del Primo concilio di Nicea.

La chiesa è situata nella zona che al tempo della Roma Serviana era stata chiamata Esquilina, dedicata agli dei egizi Iside e Serapide, secondo la divisione dei quartieri fatta all’epoca di Augusto. Quest’area fu interessata dalla costruzione della Domus Aurea di Nerone e dalle grandi strutture delle Terme di Tito e di Traiano. Di queste costruzioni rimangono ancora alcuni resti, come le Sette Sale, tuttora visibili. Inoltre anticamente era presente un piccolo specchio d’acqua, il lago di Orfeo, che doveva trovarsi all’inizio dell’odierna via dei Selci. Essa, insieme al viale del Monte Oppio, costeggia le mura della basilica.

All’interno della chiesa sussistono delle decorazioni che risalgono alla metà del 1600. Percorrendo la navata centrale fino alla scala si può scendere nella cripta, proprio al di sotto dell’altare. Da questo ambiente si prosegue verso un’ulteriore scala e finalmente ci si trova all’interno del Titolo Equizio, uno degli esempi più belli ed affascinanti di ciò che si può trovare sotto le chiese romane.
Si tratta di un grande ambiente rettangolare in laterizio, suddiviso in tre navate da sei pilastri. L’edificio, databile intorno al III secolo, faceva parte delle vicine terme e fu probabilmente adibito in seguito a scopi commerciali quali un mercato coperto o, più probabilmente, un magazzino. Tra la fine del III secolo e gli inizi del IV secolo lo spazio venne utilizzato per il culto cristiano, adibito alle riunioni della comunità religiosa e per le sue esigenze liturgiche.

Un’accesa controversia è sorta tra gli archeologi e gli storici per comprendere il perché della scelta e dell’utilizzo di questi locali e in questa zona. Si tratta forse di una decisione mirata? Alcuni storici credono che l’edificio venne utilizzato proprio perché posto al centro di un quartiere in cui fiorivano ancora culti orientali pagani quali il mitraismo ed il culto di Iside e Serapide, contro cui i cristiani si battevano. Nel tempo questa struttura divenne un punto di ritrovo molto importante per la chiesa cristiana, che proprio in questi anni si stava organizzando in modo da poter raggiungere tutte le comunità romane.

Nel VI secolo Simmaco amplierà questo ambiente includendo nell’edificio un’interessante cavea che è stata scoperta nei lavori di restauro del 1930 e il cui uso resta ancora un mistero. Ulteriori lavori vennero eseguiti ad opera di Papa Sergio II, nel IX secolo, che ordinò la costruzione della basilica sovrastante e contemporaneamente restaurò e abbellì l’ambiente sotterraneo. Nel 1637 il Priore Antonio Filippini adattò uno dei locali sotterranei a cappella in onore di San Silvestro.

Alcuni frammenti di pittura risalenti al IX secolo sono ancora leggibili sulle volte del soffitto: scene di Santi con la Madonna e Gesù nelle tipiche movenze e nei vestiti sgargianti che ritroviamo nell’arte bizantina. Alcune zone del pavimento hanno restituito frammenti di mosaico a tessere bianche e nere, che insieme a motivi ornamentali affrescati su alcune delle volte, sembrano risalire agli inizi del III secolo quando l’edificio era ancora adibito ad usi commerciali. I resti molto rovinati di un mosaico parietale che raffigura Simmaco ai piedi di San Silvestro, sono tutt’ora conservati al di sopra di un altare realizzato durante i lavori di restauro del XVII secolo, che con i suoi angioletti in stucco stona con l’atmosfera austera e rigorosa del luogo.

Emanuela Maisto