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La Chiesa di Santa Prisca e l’antico Mitreo

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Restaurata da Adriano I nel 772, officiata successivamente dai monaci greci prima, e poi intorno all’anno Mille dai Benedettini, la chiesa fu devastata dai Normanni nel 1084 e restaurata solo parzialmente nel 1456 con Callisto III; acquisterà però l’attuale aspetto solo nel 1660 ad opera di Carlo Lambarti per volere di Papa Alessandro VII. 

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Situata sulla via omonima dell’Aventino, questa chiesa dovrebbe essere sorta sull’area che comprendeva la casa di Traiano e quella del suo amico prediletto Licinio Sura.

Antichissima, ebbe il “titulus Aquilae et Priscillae”, genitori di Prisca, martire del I secolo. Una curiosità è che sia i genitori che la figlia vennero battezzati da San Pietro. Anche San Paolo parla di una “chiesa domestica” di Aquila, dove le prime comunità cristiane erano spesso presiedute da San Pietro e a volte dallo stesso Paolo. In realtà nessun documento ha mai testimoniato l’esistenza di una Santa Prisca, mentre invece è certamente esistita una matrona romana con questo nome, vissuta agli inizi del cristianesimo e che al pari di altre dame facoltose del suo tempo fondò nella propria dimora un oratorio domestico, detto “titulus”, sul quale venne poi eretta la chiesa.
Indipendentemente dalla presenza in questa struttura dei due santi Pietro e Paolo, questa “domus Priscae” fu uno dei maggiori centri di predicazione ed evangelizzazione cristiana, se non il più importante. Questo è testimoniato da una scoperta avvenuta recentemente: infatti, durante i restauri realizzati nel 1935, sono stati riportati alla luce ritrovamenti di enorme importanza, ovvero i resti di una delle navate dell’antica basilica risalente al XV secolo.

Questi scavi, effettuati nei sotterranei degli agostiniani che reggono la chiesa, hanno portato anche alla scoperta di uno dei più interessanti e meglio conservati tra i mitrei romani. Quest’area di culto è lunga e stretta, e sulle pareti sono ancora ben conservati due banconi che servivano per far sedere i fedeli. Al di sopra di questi banconi restano ancora visibili, seppur molto rovinate, le pitture che ricoprivano per intero tutto l’ambiente, raffiguranti processioni di iniziati al termine del quale è rappresentato il patto di alleanza fra Mitra e il Sole.

Nella processione sono raffigurati sette personaggi che, in ordine di importanza, simboleggiano i sette gradi iniziatici, indicati accanto ad ogni personaggio da iscrizioni che menzionano anche i pianeti. Oltre alla processione sono rappresentate diverse persone reali, come testimoniano i nomi che appaiono vicino alle figure accompagnate dalle immagini di animali. Sul fondo del mitreo si apre una grande nicchia dentro la quale, in rilievo a stucco dipinto, è rappresentato Mitra nell’atto di uccidere il toro, mentre davanti si allunga una figura distesa del dio Saturno, formata da anfore rivestite in stucco.
Su un lato della nicchia è stata ritrovata una scritta che reca la data del 21 novembre del 202 d.C. indicata come una “rinascita”, evidente allusione all’iniziazione di un fedele.
Oggi, oltre a questi ritrovamenti, la chiesa conserva ancora (parzialmente incorporati nei pilastri barocchi) le quattordici colonne originarie dell’antico corpo basilicale.

Emanuela Maisto