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La chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio a Trevi

La chiesa è situata proprio sulla sinistra di piazza di Trevi, di fronte alla notissima fontana. Fu dedicata ad Anastasio il Persiano, un monaco di Gerusalemme, martire decapitato in Assiria nel 628. La sua testa fu portata a Roma e deposta nella chiesa a lui dedicata. Fu ricostruita da Martino Longhi il Giovane tra il 1644 e il 1650 per il cardinale Giulio Mazzarino su una preesistente struttura del Trecento dedicata appunto a Sant’Anastasio de Trivio. L’antica chiesa aveva il titolo di Parrocchia Pontificia, mantenuto fino al 1876, e successivamente le fu affiancato anche il nome del santo martire spagnolo Vincenzo.

Per la sua vicinanza al Quirinale, antica residenza pontificia, qui erano conservati, in appositi loculi, gli organi dei papi, da Sisto V fino a Leone XIII, che poi venivano imbalsamati; la pratica dell’imbalsamazione venne poi abolita da papa Pio X. Per questa conservazione delle interiora che la caratterizzò per lungo tempo, la chiesa fu definita dal Belli “un museo de corate e de ciorcelli”. Il nome con la quale i romani la chiamano è il “Canneto” perché la facciata è sovraccarica di ben 18 colonne che effettivamente la fanno rassomigliare ad un canneto.

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Il cardinale Mazzarino fece porre sul timpano la propria insegna, ma volle metterci anche il busto di una sua nipote, costituendo un caso unico per una chiesa romana avere il volto di una laica sulla facciata. L’immagine non è di facile attribuzione, probabilmente ritraeva Maria Mancini che morì nel 1715, giovanissima amante di Luigi XIV, sposa del principe Lorenzo Onofrio Colonna, dal quale poi si separò fuggendo in Francia. O, forse, poteva rappresentare la sorella Ortensia Mancini, che fuggì con Maria in Francia.

L’interno è costituito da un’aula con tre cappelle per lato e custodisce un affresco del pittore Francesco Manno raffigurante i “Santi Vincenzo, Anastasio e Camillo”, mentre sull’altare maggiore vi è una pala di Francesco De Rosa. Qui si trova la tomba di Zenaide Wolkonskij, animatrice di un vivace salotto letterario nel vicino Palazzo Poli.

Non si è mai trovata, invece, la tomba di Bartolomeo Pinelli: l’artista fu sepolto qui e imbalsamato, senza monumento né lapide, nel 1835. Nel 1927 vennero fatte delle ricerche per rintracciarne le spoglie ma non si riuscì a trovarne la tomba. Ancora oggi non si conosce il punto esatto in cui Pinelli venne sepolto. Si è quindi ipotizzato che, dopo le esequie, la sua salma sia stata buttata via, in quanto si ritenne il Pinelli un laico impenitente, indegno di giacere accanto alle “frattaglie” dei papi. In seguito a quella ricerca, benché vana, l’Istituto di Studi Romani appose nella chiesa una lapide a testimonianza che Pinelli venne veramente sepolto qui, anche se il mistero resta ancora oggi irrisolto.

Emanuela Maisto