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Esisteva veramente il “Mario” di Monte Mario?

Per prove ed errori sono stati affibbiati determinati nomi ai luoghi di Roma: lo studio della toponomastica si dedica proprio a cercare di capire il motivo della derivazione dei nomi di luoghi in base alle famiglie che li possedevano, rispetto ad eventi passati oppure alle condizioni fisico-geografiche.

Alcune volte, invece, il nome dato in origine ad un dato luogo viene storpiato dalla lingua d’origine dei nuovi conquistatori di tali terre, oppure dagli amanuensi che sbagliano la trascrizione.

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Quest’ultimo esempio è forse la soluzione più semplice per capire i cambi e le storpiature da cui deriva il moderno nome Monte Mario, il colle che si innalza sul Tevere e sullo Stadio Olimpico.

Il Monte Mario, tra il 1000 d.C. e i successivi quattrocento anni, cambia nome diverse volte rispetto ai manoscritti che si leggono: da Monte Marii a Mauri e da Monte Malus a Mallo e quindi Marro, dalla commistione delle due storpiature prima citate con la R e la doppia L. Fino al X secolo d.C. questo monte era appellato anche col nome Mons Gaudii (Monte della Gioia) in quanto, da qui, si vedeva la cupola di San Pietro, una delle mete principali per il pellegrino che attraversava l’Europa lungo la via Francigena che era la strada che portava a Brindisi e da qui a Gerusalemme via mare.

Da Monte della Gioia a Monte del Dolore (Mons Malus) il passo fu breve e a causa di un solo avvenimento ai danni di un cittadino romano: il discendente di una famiglia patrizia romana, i Crescenzi, un tal Crescenzio Nomentano, è il protagonista di questa (dis)avventura nella toponomastica di Monte Mario. Era figlio di Crescenzio di Theodora la cui famiglia fu molto influente nella gestione politico-amministrativa di Roma e nella risoluzione (o inasprimento) dei rapporti tra il partito imperiale e quello vaticano. Crescenzio Nomentano era un patrizio romano, facente parte di questa famiglia nobile e tra i suoi personali possedimenti c’era l’attuale città di Mentana, a Nord-Est di Roma. A ridosso del nuovo millennio patteggiò con i rivoltosi contro il Papa e in seguito venne graziato dall’esilio dal nuovo pontefice, che lo privò del ruolo di nobile, pur lasciandogli la facoltà di vivere nella sua tenuta a Roma. Il nuovo papa Gregorio V fece un grande errore: quando l’Urbe era libera dalla presenza del giovane imperatore Ottone III, i rivoltosi e Crescenzio Nomentano riuscirono a far fuggire il Papa per poi nominare il loro Antipapa nella persona dell’allora vescovo di Piacenza. Appena l’anno dopo, nel 998, Papa Gregorio V chiese all’imperatore di scendere a Roma da Ravenna e, dopo aver preso d’assalto Castel Sant’Angelo, riuscì a far arrendere ed imprigionare Crescenzio con la promessa di aver salva la vita. Ottone III mentiva: Crescenzio venne giustiziato quell’anno sull’attuale Monte Mario che dopo la sua esecuzione divenne Mons Malus, per il luogo della morte dell’ultimo baluardo della laicità e della repubblica della città di Roma, il cui nome riecheggiò nelle strade romane per molti decenni, per volontà dei cittadini di ricordare il gesto eroico di un uomo libero.

Una lapide che ad oggi non è ancora stata rinvenuta, è stata dedicata a Crescenzio e così reciterebbe:

“Uomo, verme, marciume, cenere.

Alti soffitti cerchi

ma dovrai adattarti allo spazio angusto di un reliquiario

Colui che governò felicemente Roma intera

povero e meschino in quest’urna giace.

Bello nell’aspetto era il signore e Duca Crescenzio

rampollo venuto da un lignaggio illustre.

Al tempo del suo dominio la terra tiberina fu potente

e rimase in pace sotto l’autorità del Pontefice.

Il destino volle che i suoi brevi anni fossero gioiosi

e gli diede alla fine una fine orribile.

Chiunque sia tu, che passi qui davanti col respiro dei vivi,

emetti un gemito per la sorte che tutti ci accomuna.”

Un particolare interessante è che gli uomini della famiglia Crescenzi continuarono ad avere un ruolo predominante nella storia italiana, soprattutto della Sabina, andando a ricoprire varie cariche ecclesiastiche importanti, ma anche nobiliari, e ispirando col proprio nome o con le proprie azioni, come spesso accade, il nome di alcuni luoghi della Sabina o della stessa città Eterna.

Veronica Loscrì