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Alice in Chains – Unplugged

Alice in chains unplugged

Il 10 aprile 1996 gli Alice in Chains live per Mtv

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Gli anni ‘90 sono stati indelebilmente scolpiti dal Seattle sound, il “Grunge”, termine utilizzato da Mark Arm, cantante dei Green River e dei Mudhoney per descrivere la sua musica “sudicia”. Sempre in quegli anni l’unplugged organizzato da Mtv era diventato una sorta di leggendario rito pagano: Cure, Nirvana, Pearl Jam. Anche gli Alice in Chains si esibirono live per Mtv: era il 10 aprile 1996, Majestic Theatre di New York. Fu il loro primo concerto dopo oltre 2 anni di assenza dal palco e, purtroppo, l’ultima apparizione di Layne Staley. Unplugged è la perfezione sospesa tra tecnica a anima. Si inizia con “Nutshell”, brano sulla solitudine in versione “pelle d’oca” con un incredibile giro di chitarre, poi “Brother” e ancora “No excuses”: semplicemente inarrivabile in acustico. Quando parte il riff di chitarra di “Sludge Factory”, Staley, incerto, sbaglia partendo con la seconda strofa. È ormai magrissimo, emaciato e nasconde il buio dietro i grossi occhiali scuri, ma riesce a tirare fuori il meglio di sé in “Down in a Hole”: malinconica, struggente e ancor più bella in questa versione affaticata e per questo ancora più intensa. Poi è la volta di 2 classici come “Angry Chair”, che vede un inusuale Staley alla chitarra, e la conosciutissima “Rooster”. Dopo “Got me wrong”, pezzo in puro stile Seattle sound, Jerry Cantrell si conferma anche un bravo cantante eseguendo “Heaven beside you” e “Would?”. 

Il live finisce con “Frogs”, lenta, angosciante, una delle mia preferite, “Over now” e per finire l’inedito “Killer is me”. Questo disco rappresenta, descrive, è il manifesto della scena di Seattle. Staley con voce incerta, fragile, emoziona e commuove; inconsapevole che sarebbe stato il suo ultimo commiato che tante volte aveva cantato: “Giù nella fossa perdendo la mia anima, giù nella fossa perdendo il controllo. Mi piacerebbe volare, ma le mie ali sono state tarpate”.

Guido Carnevale