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Prostituzione: nella capitale è scontro sull’ipotesi di zone a luci rosse

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Il sindaco ha dichiarato di essere favorevole alla creazione di quartieri a luci rosse. Pareri divergenti tra politici e cittadini. Intanto manca una legge nazionale

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QUARTIERI A LUCI ROSSE NELLA CAPITALE – Sì del sindaco Marino, che ha pubblicamente manifestato la sua propensione alla creazione di aree all’interno della città destinate all’esercizio della prostituzione. “Sarei favorevole a che ci siano zone dove è consentita e zone dove non lo è”, ha dichiarato il primo cittadino. Ed è subito scoppiato il caso, con il mondo della politica capitolina che si è diviso tra favorevoli e contrari.

 

LE REAZIONI POLITICHE – Al plauso dei radicali e degli esponenti di Sel, ha fatto seguito una scia di commenti carichi di perplessità arrivati dalle altre aree politiche. Sarcasticamente polemico Dario Rossin, di Forza Italia, che ha bollato Marino come “hippy”, riallacciandosi anche alle sue precedenti affermazioni circa la legalizzazione delle droghe leggere. “Marino crede di vivere in una comune”, ha ironizzato ancora Rossin. Scettico anche Alfio Marchini, candidato a sindaco di Roma alle amministrative del giugno 2013, che ha provocatoriamente lanciato degli interrogativi: “quali dovrebbero essere i quartieri di Roma che ha selezionato? E se ancora non lo ha fatto, su quali criteri si baserebbe la scelta? Incalzante sulla questione pure Sveva Belviso, capogruppo Ncd in Campidoglio, che in risposta alla proposta di Marino, ha rilanciato l’idea della riapertura delle case chiuse.

I CITTADINI – Anche tra i cittadini si sono scaldati gli animi. Se c’è chi ha storto la bocca alle parole del sindaco, non sono mancati neppure gli apprezzamenti, registrati soprattutto in quelle zone di Roma dove il fenomeno della prostituzione è più diffuso. All’Eur per esempio, dove le lucciole ormai stazionano anche sotto i portoni dei palazzi. Ecco perché l’idea della zonizzazione è stata accolta con favore da Paolo Lampariello, residente nel quartiere e presidente dell’associazione Ripartiamo dall’Eur” , che riunisce gli abitanti dell’area, da anni sul piede di guerra contro il dilagare della prostituzione. “Credo che muoversi su questa linea potrebbe essere molto utile – ha commentato Lampariello – meglio che vengano individuate delle zone apposite piuttosto che assistere a uno spettacolo indecente ad ogni angolo, spesso anche in luoghi frequentati da bambini. Da tempo denunciamo questo disagio, siamo pronti a rivolgerci alla procura se non cambia niente”.

DAL WEB – E pure in rete si susseguono, in un crescendo di botta e risposta, i commenti degli utenti. Il sondaggio online lanciato dal quotidiano Il Messaggero rivela, tuttavia, che il ragionamento dell’opinione pubblica è rivolto non tanto, o comunque non solo, all’eventualità di ammettere o meno la creazione di zone a luci rosse. Piuttosto l’attenzione è concentrata in un’altra direzione, che sottintende un interrogativo di fondo: è opportuno pensare di regolarizzare la prostituzione o questo significherebbe rendere lecita una forma di sfruttamento del corpo e della dignità umana? Pur non essendo in pochi a sostenere quest’ultima tesi, sono moltissimi – nella pagina web che il quotidiano ha dedicato alla raccolta dei pareri – quelli che, a prescindere dalla forma (quartieri a luci rosse o case chiuse), sono favorevoli all’idea di regolamentare l’attività.

MANCA LEGGE NAZIONALE – Ma se tanto clamore ha suscitato la pubblica presa di posizione di Marino sulla possibilità di aprire legalmente alcuni quartieri di Roma alle lucciole, è nelle sue stesse parole pure il nodo spinoso della faccenda: “purtroppo non è una decisione del sindaco”, ha sottolineato il primo cittadino. Occorrerebbe, infatti, una normativa a livello nazionale che metta le autorità competenti nelle condizioni di gestire con successo il fenomeno (di fatto la legge Merlin non ha determinato i risultati attesi). È proprio nella mancanza di una testo legislativo efficace che si può rintracciare il nocciolo della questione: l’Italia, a differenza di altri paesi europei, non è ancora stata capace di produrre uno strumento normativo in grado di affrontare in maniera incisiva e concreta il problema della prostituzione.

Valeria Torre