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Teatro Valle: prosegue la lotta per la cultura

Il Teatro Valle supera le 100 giornate di occupazione. Un’azione che evidenzia la drammatica situazione culturale italiana.


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Il rubinetto tanto amato dal ministro Brunetta, citato nel suo accorato discorso sui tagli al FUS, non è stato solo chiuso, ma cementato. E i diretti interessati non ci stanno. Come saprete il 14 giugno il famoso Teatro Valle è stato occupato. Non un’operazione di squatting selvaggio senza scopo e obiettivo, ma un presidio fatto di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, di ogni genere e forma artistica, che hanno deciso di far sentire la loro importante voce contro “i ripetuti attacchi al mondo dell’arte e del sapere, contro i tagli alla cultura e per i nostri diritti” come si legge nel loro blog (www.teatrovalleoccupato.it). Il suddetto teatro ha un’importanza storica per la città di Roma e nell’intero panorama culturale italiano e ad oggi rischia “a seguito della soppressione dell’Ente Teatrale Italiano deciso dall’ultima finanziaria, di venire affidato a privati che ne tradiscano l’identità di spazio dedicato alla scena contemporanea con respiro internazionale” e perché, nonostante l’Assessore Gasperini abbia rassicurato gli artisti “rispondendo che il teatro Valle passerà transitoriamente alla gestione di Roma Capitale in attesa del bando pubblico” questo impegno per loro non è sufficiente in quanto “non è stato presentato nessun progetto artistico, né ci risultano garanzie sulla copertura economica. Vorremmo inoltre conoscere i criteri di selezione del bando e i principi etici che lo ispirano”. Ma la protesta si muove all’interno di un panorama ben più ampio, che ha origine dallo scorso anno (ricordate le manifestazioni avvenute alla scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma?). È il sistema culturale italiano ad essere in un grave stato di emergenza. Sono i tagli alla cultura a cadere come inequivocabili colpi di mannaia sulle teste non solo dei lavoratori dello spettacolo, ma di tutti i fruitori di arte, musica, teatro, cinema e tutto quello che ha sempre reso l’Italia un paese in prima linea nel mondo del bel sapere. La protesta è uscita dai confini capitolini per approdare al Teatro Marinoni di Venezia, dismesso e in attesa di essere venduto per finanziare il nuovo Palazzo del Cinema. Un’azione per denunciare la speculazione immobiliare in atto sull’isola del Lido e la spesa di 37 milioni di euro per il suddetto Palazzo. Lo scandalo è che questo prestigioso e acclamato edificio oggi è in uno stato di forte abbandono e gli artefici della protesta hanno deciso di dare visibilità a ciò che era nascosto dai pesanti teloni che nascondevano lo scempio, scoprendo un costosissimo cratere.

Il Teatro Valle non ha chiuso nemmeno un giorno, offrendo una programmazione alternativa di altissima qualità, che ha visto la partecipazione di personaggi noti – e meno noti – del panorama artistico italiano, che hanno offerto la loro professionalità consentendo l’avvicendamento di concerti, performance, letture, spettacoli di elevatissimo livello. Tutti uniti nell’iniziativa, gratuitamente e con grande entusiasmo. Generazioni diverse rappresentanti discipline diverse, nati però dalla stessa arte genitrice e da una passione incredibile, che ha colpito i più per la loro perseveranza e soprattutto per l’efficientissima organizzazione. Il Teatro Valle è stato così “riconsegnato” ai cittadini, gratuitamente, perché “Il pensiero libero e indipendente è a rischio e quindi sono a rischio le fondamenta di una società che possa dirsi civile”.

C’è anche da dire che nel bilancio del Comune di Roma sono stati stanziati 1,3 milioni di euro per far partire la stagione 2011/2012 del Valle. Secondo gli oppositori dell’occupazione la stagione è a rischio se il teatro non verrà liberato e tale iniziativa va contro tutti i principi di libertà, perché priva tendenzialmente i cittadini di fruire di un luogo pubblico. “Siamo d’accordo con il sottosegretario al Mibac, Francesco Giro, quando sostiene che l’occupazione del Teatro Valle non ha niente a che vedere con la difesa della cultura come bene pubblico – dichiara Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale – Siamo davanti, infatti, ad un’occupazione di un teatro di importanza storica da parte di privati in pieno conflitto di interessi. La descrizione di alcuni giornali, che disegna l’ennesimo caso in cui l’Amministrazione pubblica vende i propri ‘gioielli’, non combacia con la realtà dei fatti e gli atti amministrativi finora adottati dallo Stato e da Roma Capitale. Prima il passaggio di consegne dal Ministero all’Amministrazione capitolina – continua Mollicone – poi l’affidamento al Teatro di Roma e lo stanziamento in bilancio delle risorse necessarie alla stagione 2011/2012, infine la stesura di un bando pubblico per l’assegnazione e la gestione del Teatro rivolto a soggetti che ne rispettino la storia e l’identità. È paradossale come gli artisti famosi scesi in prima linea in questa vicenda, quei ‘profeti del tutto gratuito’ che pretendono di regalare un teatro pubblico del Settecento ad una ‘cricca’ di occupanti senza nulla a pretendere, siano gli stessi che fanno pagare ai ragazzi anche 50-60 euro a biglietto con i propri spettacoli. Senza criminalizzare i ragazzi che occupano, lanciamo loro un ultimo appello: la ricreazione sta finendo ed è arrivato il momento di restituire ai romani un bene pubblico” conclude Mollicone.

Al momento in cui chiudiamo questo pezzo l’occupazione è ancora viva e in fermento ed ha varcato le sue 100 giornate. Come dei combattenti pieni di ideali gli artisti non rivogliono solo un Teatro, ma rivogliono dare nobiltà al loro lavoro. Basterà un finanziamento a convincere i professionisti dello spettacolo che l’arte non è un bene soggetto a precariato? A voi la risposta.

Serena Savelli