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Una visita al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2017

Diamo uno sguardo al Padiglione curato da Cecilia Alemanni per la 57° Esposizione Internazionale d’Arte

Dopo aver attraversato lo spazio introduttivo ed esserci persi fra colori e piante che crescono a loro agio in vecchie scarpe da ginnastica

Dopo aver affrontato intricati intrecci di fili e tessuti che prendono le sembianze di insetti e falene gigantesche e libri logorati da gocce cinesi che cadono dal soffitto

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Dopo essere stati bombardati da immagini, video e assemblaggi e aver superato le enormi sfere di Alicja Kwade

Approdiamo senza fiato alla nostra meta, difronte al grande portale d’oro “bizantino” che come una porta magica indica l’accesso del Padiglione Italia

Hai paura del buio?”

Mi chiede con un sorrisetto malizioso il mio fotografo appena entriamo nel Padiglione, alludendo all’omonimo disco degli Afterhours uscito nel 1997 e da me tanto amato e ascoltato fino allo sfinimento

Angoscia? Molta

Inquietudine? Certamente

Paura? Sicuramente

Non può che suscitare questo il primo impatto visivo dei tre artisti scelti per rappresentare l’Italia alla Biennale di Venezia.

Ma non sono d’altronde gli stessi sentimenti che proviamo ogni giorno leggendo il giornale o guardando il TG?

Non ci coglie l’angoscia vedendo i tanti corpi dei migranti portati sulle nostre rive? Non siamo presi dalla disperazione e dal senso di colpa quando d’estate – dopo aver prenotato, con largo anticipo, un ombrellone in prima fila a Dicembre – sorseggiamo il nostro mojito sulla stessa spiaggia dove pochi mesi prima hanno raccolto corpi senza vita?

Non siamo invasi da inquietudine quando pensiamo al futuro, al consumo che facciamo della terra, a come la sfruttiamo e la violentiamo, alle nuove tecnologie e all’uso del virtuale?

Non ci sentiamo colti dalla paura al pensiero di una imminente Terza Guerra Mondiale?

Al pensiero delle armi di distruzione di massa attualmente usate dai paesi più potenti?

Bene !!!!

La risposta al mio collaboratore – fotografo è stata la seguente: “No, non ho paura del buio; ne siamo circondati quotidianamente. Forse tutta questa oscurità può aiutarci ad esorcizzare quelle sensazioni che ci invadono ogni giorno ma a cui, per questioni di tempo o di voglia, non diamo spazio per essere adeguatamente metabolizzate”

Ed ecco tornarmi alla mente le pratiche descritte nel libro di Alejandro Jodorowsky dal titolo Psicomagia

Il Padiglione Italia di quest’anno è dunque un’occasione di riflessione profonda, che non lascia scampo alla coscienza e che non fa sconti al perbenismo

Il primo artista Roberto Cuoghi mette in scena il suo laboratorio e condivide con lo spettatore il suo lavoro

Sono sculture che sembrano di cera ma che in realtà sono realizzate assemblando materiale organico, rigorosamente a grandezza naturale e immediatamente riconoscibili

Il Padiglione del Mondo Magico si apre quindi con una delle figure più magnetiche, più popolari e famose: il Cristo

Imitazione di Cristo, riproduzioni di un Gesù agonizzante e steso sulla croce si susseguono lungo il tunnel di plastica che ci circonda e ci avvolge e che sembra proteggere il Cristo ma soffocare lo spettatore

Usciti da questo “iglù plastificato” si assiste ad una vera e propria “vivisezione” del Messia, studiato e conservato in “celle frigorifere” come fosse un alieno o una reliquia.

Un corpo che poi viene ricostruito nei suoi pezzi più consumati, corrosi e “ammuffiti”.

Un corpo che non è poi così diverso da quello degli immigrati che tanto ci angosciano e che ci fanno andare di traverso quel buonissimo mojito che ci gustiamo sotto l’ombrellone

Da questo buio angosciante e soffocante si passa ad un buio più pensieroso e irrequieto

Il silenzio religioso viene rotto ed interrotto dai dialoghi di Adelita Husni-Bey che con La Seduta propone un dibattito-confronto

Partendo dalla lettura dei tarocchi affronta problemi economici, sociali e ambientali, mostrando perplessità e dubbi su un futuro ancora troppo incerto e consumistico

Lo schermo è circondato da lunghe braccia luminose e da mani in silicone che, come piccole fiammelle, piccole luci sembrano evocare le conversazioni degli antichi saggi che riunendosi intorno al fuoco, raccontano vecchie leggende per educare i più giovani

Sono mani che sembrano cercare risposte a cui aggrapparsi, mani che cercano di trovare un senso ai dialoghi che vengono affrontati e proposti al pubblico, che sembrano invocare un aiuto, che si immergono in un futuro oscuro, sconosciuto e cybernetico

Questi passaggi portano infine all’incontro con l’ultimo artista Giorgio Andreotta Calò che da un immenso e sconfinato labirinto di pali metallici ci fa risalire su una superfice d’acqua.

Ed effettivamente è la paura che mi ha assalita e disorientata quando mi sono trovata difronte alla Fine del Mondo.

Sembrava un’illusione ottica, una distorsione della realtà

Invece no

Era proprio una immensa distesa di acqua sospesa tra il cielo e la terra

Acqua che ormai ha ricoperto tutto, un secondo Giudizio Universale

Acqua che distrugge il passato e che ridona la vita al futuro, che ti fa venire voglia di lasciarti andare agli eventi incontrollabili, lasciarti scorrere, navigare

Un’acqua che riflette una realtà e una quotidianità intrisa dalla paura del domani, della guerra, del diverso, dei potenti senza potenza ma solo assetati di potere

Un’acqua che riflette la paura del vuoto, del niente, del nulla

Un’acqua che nella totale oscurità riflette la parte più oscura di noi dove conserviamo le nostre paure più profonde

Un padiglione forse oscuro quindi, ma che illumina le coscienze

Un padiglione forse buio, ma che può aiutare ad accendere le lampadine delle nostre menti spingendoci a superare angosce, inquietudini e paure

Emozioni e stati d’animo che si possono superare appellandoci ad antichi rituali magici o vecchie credenze popolari

D’altronde ogni giorno assistiamo ad immagini violente, oscure, macabre e penose che senza neanche rendercene conto residuano nelle nostre coscienze fino a che gli artisti non ce li ripropongono con le loro opere e con le loro magie dandoci la possibilità di affrontarle

Testo: Emanuela Maisto

Foto: Vito Castiglione