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La chiesa di Santa Maria Immacolata…

… e la sua inquietante e affascinante cripta-ossario dei frati cappuccini.

Situata nel XVI rione Ludovisi di Roma, la chiesa di Santa Maria Immacolata di via Veneto venne fatta costruire nei pressi d Palazzo Barberini da Papa Urbano VIII in onore di suo fratello Antonio Barberini, facente parte dell’ordine dei Cappuccini, la cui tomba è tuttora conservata all’interno della chiesa di fronte all’altare maggiore. Fu costruita su disegno di Antonio Casoni tra il 1626 ed il 1631. Nel 1626 Urbano VIII Barberini concedette ai padri Cappuccini di entrare in possesso del terreno su cui poi sorse la chiesa e l’annesso convento. Originariamente aveva un aspetto assai più suburbano, affiancata dalle nude pareti del convento e da una bella torre campanaria che affacciava su una piazza, oltre la quale si trovavano gli orti del convento e la villa Ludovisi. L’apertura di via Vittorio Veneto sacrificò la torre campanaria e determinò la scomparsa della piazza, mentre negli anni ‘20 del XX secolo, per la costruzione del Ministero dell’Industria, scomparve il convento e fu modificata la scala d’accesso. L’interno è a una navata, con 5 cappelle per parte. Davanti all’altar maggiore si trova appunto la tomba del cardinale Antonio Barberini, fratello di papa Urbano VIII, sulla quale c’è l’iscrizione “hic jacet pulvis, cinis et nihil” (qui giace polvere, cenere e nient’altro). Molte le opere nelle cappelle laterali: nella prima a destra, dedicata a S. Michele Arcangelo, vi è la tela di Guido Reni raffigurante S. Michele Arcangelo che schiaccia Lucifero, opera considerata un capolavoro fino a metà dell’Ottocento, dove nella figura dell’Arcangelo si vedeva un tipo di bellezza ideale non raggiunto da altri (e in Lucifero una malevola interpretazione vi vedeva un personaggio della corte pontificia antipatica al Reni). Nella seconda cappella a sinistra, la Natività di Giovanni Lanfranco; nella terza, S. Francesco che riceve le stimmate, del Domenichino e, sulla parete sinistra, una Morte di San Francesco dello stesso; nella quinta cappella, un S. Antonio di Andrea Sacchi. Tornando indietro, sulla sinistra, nella quinta cappella, la Vergine appare a S. Bonaventura, di Andrea Sacchi; nella prima, Anania ridona la vista a S. Paolo, di Pietro da Cortona. Entrando nella sagrestia, vi si trova un importante quadro raffigurante S. Francesco in preghiera, tradizionalmente attribuito al Caravaggio, confermato in anni recenti da nuove analisi, datando l’opera al 1603 circa. La chiesa di Santa Maria Immacolata o della Concezione, si impone nell’universo monumentale di Roma grazie alla peculiarità della sua cripta. Al visitatore ignaro viene offerto uno spettacolo unico nel suo genere: la cripta-ossario dei Cappuccini nella quale le ossa di ben 4000 frati sono esposte come elementi artistici che ne ornano i cinque spazi in cui è suddivisa. Ci viene presentato nella cripta un aspetto macabro e lugubre di una Roma meno nota che ci riporta alla visione propria dei Cappuccini, volta ad esorcizzare la morte sottolineando come il corpo non sia altro che un contenitore dell’anima riutilizzabile dopo che quest’ultima lo ha abbandonato. Le ossa furono raccolte tra il 1528 ed il 1870 e provengono dal vecchio cimitero dell’Ordine che nel 1631 fu trasferito nella chiesa e che prima si trovava a S. Croce e Bonaventura dei Lucchesi, ai piedi del Quirinale. Si possono distinguere la cripta della Resurrezione, la cripta dei Teschi, la cripta dei Bacini, la cripta delle Tibie e dei Femori e la cripta dei tre Scheletri. In questi spazi le ossa formano rosoni, stelle, fiori, lampadari ed un orologio. Visibile anche lo scheletro intero della principessa Barberini che con una mano cinge una falce, simbolo di morte, e con l’altra una bilancia, simbolo della giustizia divina. Si racconta che la terra che ricopre il pavimento degli ambienti sia stata portata dalla Terra Santa.

Emanuela Maisto

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