
Era il lontano V secolo d.C. quando Papa Leone I si dimostrò come quello che oggi viene definito un “addicted” al martire Santo Stefano, infatti nel gergo non comune ai boomer vuol dire “appassionato, dedito”. Intanto cerchiamo di capire chi è Santo Stefano: il protomartire fu lapidato a Gerusalemme, pochi anni dopo la morte di Cristo, per blasfemia perché professava il Cristianesimo, vietato per legge. In suo nome Papa Leone I edificò due basiliche di cui una di base rotonda e l’altra con tre navate, conosciute come basiliche di Santo Stefano. Ciò che accomuna le due strutture è sia il periodo di costruzione, sia l’ubicazione, infatti entrambe sorgono sulle rovine di altri due edifici di epoca romana. La Basilica di Santo Stefano in via Latina, di cui oggi rimangono solo le fondamenta e alcune colonne, sorge su una precedente villa sub-urbana; mentre la Basilica di Santo Stefano rotondo, terminata sotto il pontificato di Papa Simplicio, nota per la sua pianta circolare piuttosto insolita per l’epoca, è stata costruita sui resti dei Castra Peregrinorum, ovvero la caserma delle truppe romane. È proprio su questo edificio di culto che vogliamo concentrarci per sottolineare alcune sue particolarità. Il quadro storico in cui si colloca l’edificio a base rotonda è della metà del 400 d.C., tra il pontificato di Leone I e di Simplicio, distanti tra loro due pontificati ed un decennio. Questo periodo è esattamente il secolo subito successivo all’affermarsi e l’espandersi del culto cristiano nel mondo occidentale e mediorientale. Tra le chiese che vennero costruite nel periodo che va dal proto cristianesimo all’affermazione della medesima religione, pochissime sono a pianta circolare. Infatti in epoca medievale gli edifici di culto a pianta circolare sono più del doppio del numero di chiese del IV, V e VI secolo d.C. La decisione di attribuire all’edificio un andamento circolare si deve alla pratica romano-pagana di utilizzare una pianta rotonda principalmente per edifici funebri. Inoltre, a Gerusalemme, l’edicola del Santo Sepolcro è circondata da una struttura circolare chiamata Rotonda dell’Anastasi (parola greca anàstasis, che deriva dal verbo anìstemi e significa “far sorgere, innalzare”), nonostante la pianta dell’intera struttura sia una croce cristiana. Da tutte queste influenze derivò la decisione di una pianta circolare per la nuova basilica. L’interno contiene degli affreschi eccezionali raffiguranti tante scene di martirio vissuto e subito dai primi cristiani. Questi affreschi sono databili circa mille anni dopo la costruzione dell’edificio stesso e ad opera di Antonio Tempesta con “Storie di Santo Stefano”, “Strage degli Innocenti” e “Madonna dei Sette Dolori”. Questi affreschi campeggiano all’interno del primo cerchio di colonne: queste erano tutte diverse tra loro in quanto derivano dallo spoglio, cioè sono elementi architettonici tolti da costruzioni di epoca romana. Arrivando a grandi passi ai nostri giorni cosa sappiamo, ad ora, di Santo Stefano Rotondo? Ciò che non può trarre in inganno è la sua ubicazione sul Celio, nel rione Monti, ed è inoltre stata oggetto di moltissimi restauri mirati per preservare la sua struttura e le opere d’arte al suo interno. Gli scavi di indagine iniziarono nel XVI secolo, durante il pontificato di Papa Niccolò V, e furono condotti per indagare sulla struttura originaria. Successivamente, nel XIX secolo, l’archeologo Antonio Muñoz, che fu anche dal 1921 direttore dei monumenti di Roma per la Regia Soprintendenza e dal 1929 direttore capo della Ripartizione delle Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, eseguì ulteriori ricerche sulla basilica. Dopo gli infiniti lavori nel corso dei secoli per migliorare, abbellire e conservare l’edificio, con i restauri e gli studi dello scorso secolo, la Basilica di Santo Stefano Rotondo è stata aperta al pubblico, permettendo ai visitatori di ammirare la sua architettura interna e gli affreschi medievali.
Veronica Loscrì