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Reperti attraverso spazio e tempo

Tutte le strade portano a Roma? Non solo, possiamo affermare che tutte le strade attraversano Roma sia dal punto di vista geografico che storico. È stata inaugurata lo scorso venerdì 21 ottobre la mostra intitolata ‘’Patrimonium Appiae-Depositi riemersi’’ (casale Santa Maria Nova, via Appia Antica 251), nella quale sono stati esposti 250 reperti provenienti da archivi e depositi rinvenuti nell’area del Parco.

La mostra focalizza l’attenzione tra le antiche vie dell’Ardeatina, Laurentina e Appia, in un percorso cronologico che tocca i primi albori dell’uomo sapiens (35.000 a.C.) fino al tardo medioevo (XIII-XIV secolo). L’allestimento è concepito per dare la possibilità al pubblico di fruire di una serie di reperti mai prima d’ora divulgati.

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Lo scopo stesso della mostra è racchiuso nel significato del titolo ‘’Patrimonium Appiae’’, che infatti rievoca il termine con cui, nel medioevo, si definivano i vasti beni fondiari della Chiesa, nel quadrante del suburbio romano. La seconda parte del titolo, ‘’Depositi riemersi’’, richiama la tematica dei depositi archeologici e degli archivi, con reperti che spesso rimangono inediti per anni.

La mostra è infatti un’occasione per mostrare materiali e reperti archeologici di varia natura, conservati nei magazzini e mai messi a disposizione del pubblico. Questo è l’esito della sinergia delle attività dedicate alla tutela e alla valorizzazione, che hanno come obiettivo finale quello della libera fruizione al pubblico, come concepito dal codice dei beni culturali.

Il dialogo tra depositi archeologici e restituzione al pubblico è quindi possibile. Molto spesso questi edifici, ricchi di informazioni, sono frequentanti solamente da ricercatori e studenti, che necessitano di materiali o documenti per il progredire delle loro ricerche. Sono preziosi contenitori della storia stessa, la nostra storia, quella del nostro territorio e della nostra comunità.

Chi decide quali materiali o documenti possano essere esposti nei musei e quali invece depositati negli archivi? Ovviamente ci sono dei principi di selezione, ma non è detto che i materiali che non vengono esposti siano meno significativi di quelli già visibili nelle teche. Sono diverse le difficoltà da affrontare per poter allestire e rendere fruibile determinati reperti, ma questo non ne mette in dubbio la loro importanza. Ogni reperto, dal più grande al più piccolo, se indagato e interrogato nella maniera corretta può restituire parole, idee e alle volte anche emozioni, che ci arrivano da uomini e donne del passato.

Ogni singolo reperto, una volta riemerso dal buio della terra, imbustato e messo in una cassetta è in attesa di essere riscoperto, sia per contribuire all’avanzamento delle ricerche sia per aumentare la conoscenza culturale dei cittadini. Un piccolo tassello che può fare comprendere sempre di più il grande puzzle della storia dell’uomo.

Non è da sottovalutare comunque il fatto che, nel nostro Paese, soprattutto in zone particolarmente a rischio, i reperti ‘vivono’ in depositi che potrebbero tranquillamente essere paragonati a delle ‘case di tortura’. Edifici fatiscenti, infiltrazioni d’acqua, cartellini dei reperti e documentazione di scavo lasciati in balia dei topi, collezioni disperse e tante altre situazioni che non fanno altro che aumentare il rischio di danneggiare, o nel peggiore dei casi, perdere queste documentazioni, recuperate dal mistero del passato e rinchiuse in scatole senza futuro.

È necessario quindi custodire questo prezioso patrimonio archivistico, fatto di storia e testimonianze, ed è nostro compito ed obbligo morale far il più possibile in modo che le generazioni future ne possano fruire nel migliore dei modi. Questa mostra è l’esempio lampante di come sia fruttuoso e positivo creare situazioni ed eventi del genere, che danno sempre più possibilità a questi immensi contenitori di storia e di vita passata, di essere conosciuti e vissuti dal pubblico, così da poter educare la comunità e far sì che anche i più piccoli tasselli del puzzle della nostra storia non vengano mai dimenticati.

Ilaria Ambroselli