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PORTISHEAD

PORTISHEAD
?Third? (Mercury / Island, 2008)

Ma soprattutto tornano loro. Dopo dieci anni li rincontri, ex compagni di liceo, da tanto tempo non ti chiedevi nemmeno più che fine avessero fatto.
Semplicemente Third e te li ritrovi così, senza preavviso, che siano pingui, torvi o spelacchiati, la vita certo è andata avanti anche per loro. Senza ansie da prestazione, senza linee da seguire, avviene il miracolo.
 Quell?etereo, nostalgico ma comunque gentile, ora è più cupo e spigoloso, le chitarre si ritagliano spazio tra le vie inquinate da lamenti industriali. I rimandi alle miniere germaniche. Silence apre cavalcando tra le tenebre, Beth Gibbons smussa angelica gli angoli.
In una certa alternanza di registri, il genio esplode senza preavviso, nella corsa dolce di The Rip, nei Liars più claustrofobici di We Carry On o negli organi progressive di Small. Due volti, tema sempre ricorrente, da Hunter alla chiusura dinamitarda di Threads, in mezzo Deep Water, ennesimo cambio di rotta, un minuto virgola trenta di dolcissima ninna nanna per voci ed ukulele. Strepitoso.

Marco di Bella

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