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Roma e l’arte funebre di epoca Repubblicana

Nel luglio scorso abbiamo approfondito un po’ la storia della nostra città attraverso la conoscenza, da vicino, di una costruzione funeraria dove era stata sepolta Costantina, la figlia dell’Imperatore Costantino I, defunta nel 354 d.C.

Ora è arrivato il momento di un flashback: andiamo a conoscere un altro gruppo di sepolcri, di quasi seicento anni più antichi di quello di Costantina. Queste tombe appartengono agli Scipioni, una famiglia del ramo della gens Cornelia, una delle cento famiglie nobili di Roma antica. Gli Scipioni si distinguevano dagli altri rami della gens Cornelia per la tipologia di sepoltura: infatti non erano soliti cremare i defunti ma praticavano l’inumazione del cadavere in monumentali sarcofagi.

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Le sepolture mostrano circa cento anni di storia, dalla metà del III secolo a.C. in poi, e riportano i famosi elogi degli Scipioni che sono scritti addirittura in metrica poetica: conosciamo molto di diversi esponenti della famiglia Scipione grazie alla descrizione delle loro qualità morali e dei loro successi politici.

Il sepolcro degli Scipioni è un’area archeologica visibile ancora oggi lungo la via Appia Antica, proprio nel Parco degli Scipioni. Era quasi il 1800 quando il sepolcro venne rinvenuto sotto la cantina di una vigna e divenne così un luogo molto visitato e raccontato, sia per iscritto che su disegni e quadri, dai borghesi che viaggiavano e visitavano le bellezze dell’antica Roma.

Degli Scipioni ricordiamo, tra gli esponenti più celebri, Lucio Cornelio Scipione Barbato che decise la creazione di questa tomba monumentale e con il suo sarcofago, ora in mostra ai Musei Vaticani, ci sono arrivate le iscrizioni funebri a lui dedicate e le decorazioni di gusto greco. Scipione Barbato morì nel 270 a.C., dopo di lui il più conosciuto dei suoi parenti e discendenti è stato Publio Cornelio Scipione Africano (così soprannominato per la sua vittoria in Africa, dove sconfisse il generale cartaginese Annibale), ed ancora contro i cartaginesi ebbe successo Scipione Emiliano, che distrusse Cartagine nel 146 a.C., per questo chiamato l’Africano minore.

23L’Africano maggiore e il minore erano padre e figlio (adottivo) e morirono rispettivamente nel 183 a.C. e 129 a.C. Loro, come i predecessori appartenenti alla famiglia degli Scipioni, erano filoellenici, quindi appoggiavano le campagne espansionistiche della città di Roma ed erano affascinati dalla cultura e dall’arte greca. Questa simpatia è visibile in molti aspetti dell’architettura sia dei sarcofagi che del mausoleo stesso.

Ad oggi la facciata del sepolcro è quasi nuda rispetto alle decorazioni originali: si presentava, forse, con tre aperture anticipate da colonne, al cui ingresso tre statue accoglievano i visitatori; nei suoi corridoi custodiva più di trenta sarcofagi disposti lungo le pareti o in nicchie, e molte decorazioni di trionfi militari o scene politiche, sicuramente di cui era stata protagonista l’intera stirpe degli Scipioni.

Anche le donne furono ricordate con sarcofagi e iscrizioni, e forse l’amico di famiglia Ennio, considerato il padre della letteratura latina, scrisse molti di quegli elogi funebri riportati sui sarcofagi.

Quando la famiglia degli Scipioni si estinse il sepolcro non venne più usato fino al periodo della Roma imperiale. Allora, a ridosso dell’anno 0, venne riutilizzato dalla famiglia dei Corneli Lentuli (un altro ramo della gens Cornelia).

Il ritrovamento di questo sepolcro ha portato tante conferme nella storia conosciuta dell’antica Roma, ci ha avvicinato ad un grande spaccato delle nostre origini e al rapporto che avevano le famiglie romane con il tema della morte e col ricordo dei propri avi.

Veronica Loscrì