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Il Comune revoca il permesso a costruire: addio alle Torri Tim?

torri tim 138

Sulla questione ex Torri delle Finanze, per mesi coperte da pubblicità della società di telecomunicazioni, torna improvvisamente l’incertezza

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Tratto da Urlo n.138 settembre 2016

EUR – Per mesi, provenendo dal GRA o dal mare in direzione centro e viceversa, abbiamo visto impresse come gigantografie le tre lettere che unite formano il nome di una delle più grandi società di telecomunicazioni d’Europa (TIM) sugli scheletri delle ex Torri delle Finanze. Quell’operazione di comunicazione pubblicitaria che, forse per qualcuno, addirittura, poteva essere identificata come megalomania, per la maggior parte dei cittadini è sembrata, se non altro, come una esplicita presa di possesso definitiva dell’area, pensando che si fosse quindi messa la parola ‘fine’ sulla questione. Ma gli stessi cittadini non avevano fatto i conti con quella che, forse a questo punto, sarebbe il caso di chiamare maledizione del quartiere Eur. Tuttavia, spostarci sul territorio del soprannaturale serve solo a distogliere lo sguardo da quella che invece è una triste e concreta realtà. Perché è davvero assurdo che nessuno dei progetti preventivati, iniziati e in procinto di essere finiti, siano stati realmente conclusi. Le Torri Tim erano, forse, l’opera più sicura, vuoi perché data come una certezza assoluta alla cittadinanza e ai media, vuoi perché dietro ai fasti del progetto c’è un colosso mondiale come Telecom. Invece le sorprese non finiscono mai. Alcune note testate, nei giorni scorsi, hanno dato notizia della revoca del permesso a costruire da parte del Comune di Roma in seguito a un’inchiesta sugli oneri concessori dovuti da Tim, a quanto pare troppo bassi. Già nei mesi scorsi c’era stata una polemica del genere, sotto il mirino di un’inchiesta del Messaggero che aveva scatenato le ire di alcune parti in causa.

Da quello che è emerso tutto nasce dagli oneri concessori, appunto, dovuti per il progetto delle Torri Tim, 24 milioni di euro, di cui Alfiere, la joint venture tra Telecom e Cassa Depositi e Prestiti, ne avrebbe pagato solamente 1 milione. Da dove arrivano queste cifre è presto detto. I 24 milioni di euro erano gli oneri stimati per il progetto residenziale di Renzo Piano, precedente a quello di Tim. Successivamente, visto che le Torri sarebbero tornate ad uso ufficio, destinazione identica a quella del Ministero delle Finanze che in origine aveva lì la sua sede, questi oneri non sarebbero più stati dovuti. Il Comune di Roma, dunque, non si è “accontentato” di un solo milione e, da quanto emerso, ha revocato il permesso a costruire. Secondo alcune testate questa operazione, però avrebbe fatto gioco al nuovo management in quanto il neo Amministratore delegato Flavio Cattaneo avrebbe da sempre osteggiato il progetto, fin da prima della sua carica. Una volta insediatosi a marzo nel ruolo di Ad, però, “la marcia indietro sarebbe stata troppo costosa – si legge sul Fatto Quotidiano – visto che il contratto firmato da Telecom e Cassa Depositi e Prestiti, che controlla il 100% di Cdp Immobiliare, impone all’ex monopolista penali per 180 milioni di euro in caso di inadempienza. Ora però la revoca dell’autorizzazione fa scattare una delle condizioni sospensive del contratto e consente di sciogliere la joint venture senza costi”.

Giovanni Caudo, ex Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale, spiega che “i 24 milioni, come scrivono gli stessi dirigenti nella determina di annullamento, erano un contributo straordinario connesso al progetto di valorizzazione delle Torri, quello approvato nel 2009 durante l’amministrazione Alemanno, che prevedeva la loro demolizione e la costruzione di residenze di lusso”. L’attuale progetto, invece “è di restauro e risanamento conservativo che restituisce le Torri da un punto di vista formale e funzionale alla loro destinazione originale”, ha continuato Caudo, assicurando che “tutte le altre verifiche tecniche, cui è stato sottoposto il permesso di costruire da parte di funzionari incaricati, ne hanno confermato la totale correttezza e legittimità” e per questo nel dicembre 2015 il progetto ebbe l’ok dalla Sovrintendenza. “Non c’è cambio di destinazione d’uso e non c’è incremento di cubatura, si restaura quello che c’era”, ha concluso Caudo, lasciando comunque qualche interrogativo di fondo. Se realmente gli oneri non andavano pagati e tutto era stato fatto in modo corretto, su che base il Comune ha deciso di revocare il permesso a costruire? E Tim, nonostante ne esca indenne senza pagare penali, come si pone in tutto questo? Uscire di scena così facilmente, dopo i molti annunci e, non dimentichiamo, il progetto di aggiungere ai 3000 dipendenti delle Torri altri 2000 a via dell’Arte, precisamente all’ex Istituto Immobiliare (che a questo punto non si sa se rimarrà nei piani), non può essere così semplice.

Dall’azienda, purtroppo, al momento non si rilasciano dichiarazioni sull’argomento. Che fine faranno gli edifici? Torneranno ad essere soprannominati “Beirut”, inficiando il destino del vicino albergo Lama e il prestigio del Nuovo Centro Congressi, privato di una bella vista e di una struttura ricettiva per i suoi ospiti? Se indubbiamente tornare a uno status di degrado possa non essere auspicabile, è altrettanto vero che l’headquarter di Tim, come tutte le grandi opere dell’Eur, avrebbe portato a un presumibile collasso del quadrante, dove non sono stati previsti parcheggi, infrastrutture e interventi sulla viabilità o incremento del trasporto pubblico. 5000 persone avrebbero impattato moltissimo e ci si chiede se l’eventuale fine del progetto non sia in parte un bene. Inoltre: se la manovra degli oneri concessori fosse regolare, ci si chiede come sia possibile che essi vengano commisurati solo in base alla destinazione di un edificio e non considerando il “contorno”, ovvero un quartiere che negli anni si è evoluto e, ovviamente, ha incrementato le sue esigenze.

Secondo Maria Cristina Lattanzi, Vicepresidente del Comitato Salute e Ambiente Eur, “non si può pensare di tenere un bene del genere fermo, qualcuno deve intervenire. Il problema di tutta questa vicenda sono i contorni vaghi della stessa e ciò che lamentiamo è di non avere abbastanza elementi per valutare la situazione. Non comprendiamo il motivo per il quale Tim dovrebbe uscire dal progetto – ha continuato – Se il permesso a costruire era sbagliato a monte si può modificare, mentre se la questione è quella degli oneri concessori, a patto che non aumentino le cubature, i 24 milioni erano previsti per il progetto residenziale di Piano, quindi per quello di Tim, ovvero riportare gli edifici alla vecchia destinazione, pensiamo che in effetti non debbano essere pagati perché erano legati alla demolizione e cambio di destinazione a residenziale”.

Quindi secondo una parte dei cittadini è indispensabile che il progetto resti, anche senza oneri utili a creare interventi sul quadrante. Non è della stessa opinione Andrea De Priamo, Consigliere comunale Fdi, che lamenta “un gran pasticcio in tutta questa operazione causato dalla precedente giunta Marino che l’ha rivenduta come una grande azione, mentre noi avevamo già detto che essa non produceva adeguati oneri perché si considerava alla stregua di una semplice ristrutturazione quello che di fatto era un intervento che andava ormai a produrre un impatto pesante sul quartiere”. E parlando della vaghezza di informazioni pervenute sulla questione, il Consigliere parla di “inattività dell’attuale giunta e al momento sussiste un totale blocco amministrativo che non aiuta a capire la situazione. Resta dunque il solito problema, ovvero un’assenza totale di una visione d’insieme sulle problematiche dell’Eur. Chiederò, come membro della Commissione Urbanistica, di affrontare al più presto il tema”.
E ora, cosa succederà? La partita è aperta e tutto, ancora una volta, è da vedere.

Serena Savelli