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Curiosita’ sul gioco della palla (II parte)

Nell’antica Roma vi erano almeno cinque o sei giochi differenti da fare con la palla.

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Si poteva giocare da soli, tirandola in alto oppure facendola rimbalzare per terra o contro una parete; in piccoli gruppi che giocavano soprattutto a trigon, in cui i tre giocatori formavano un triangolo e si tiravano la palla con le mani in una successione non prestabilita ma comunque senza mai bloccare il gioco; spesso due giocatori si alleavano tempestando il terzo di colpi. I tiri non fermati venivano conteggiati da assistenti o schiavi.

Ad ogni giocatore che lasciava cadere la palla veniva addebitato un punto in negativo. Vinceva la gara il giocatore che poteva contare sul minor numero di punti in negativo nel momento in cui uno dei partecipanti raggiungeva i dodici punti in negativo. Si giocava anche in grandi squadre ma le regole di questi ultimi giochi non le conosciamo perfettamente. Secondo alcuni studiosi dovevano essere simili a quelle del rugby.
Vi era poi l’harpastum, che doveva essere una specie di palla avvelenata. Lo scopo del gioco era quello di ingannare il destinatario del lancio; una variante prevedeva che uno dei giocatori si mettesse al centro del cerchio e cercasse di afferrare la palla.
Grazie ad un’iscrizione murale pompeiana sappiamo che si giocava anche sotto la guida di un allenatore e che i partecipanti avessero dei ruoli precisi (giocatore, raccattapalle, contatore). C’era il gioco che i Romani chiamavano ‘palla in circolo’ e che, successivamente, fu conosciuto anche come ‘palla a corona’ o ‘palla a giro’. I partecipanti si disponevano, appunto, in circolo, ad una certa distanza l’uno dall’altro e lanciandosi la palla uno alla volta da sinistra verso destra. Se un giocatore non riusciva a prendere la palla doveva rimanere immobile e non poteva più partecipare ai passaggi. Lo scopo del gioco era far rimanere un unico partecipante “attivo”, colui che era stato così bravo da non mancare mai la palla.

Massimiliano Liverotti