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PATTI SMITH

MUSICA - horsespattismith

Patti Smith

“Horses”

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Arista Records

1975

Questo album è un classico, considerato da molti una pietra miliare del rock. Lei invece è la poetessa del rock, la sacerdotessa “maudite”: una donna che ha avuto un percorso artistico notevole (consacrato recentemente con l’inserimento nella Rock’n’Roll Hall Of Fame), nonostante le perdite affettive che ha dovuto subire in un periodo molto ravvicinato. “Horses” esce nel 1975 e si distinse subito da molta della musica di quell’epoca per vari elementi, primo su tutti il suono grezzo accompagnante dei testi che definire poetici è il minimo. Rispetto ai suoi lavori successivi poi, questo non sembra mettere in primo piano le liriche rispetto alla voce (forse lo fa solo in ‘Birdland’, terza traccia dell’album della durata di 9 minuti improvvisata in studio e tratto da un racconto di Peter Reich). Una cantautrice, quindi, come può essere Joan Baez o come è stato Bob Dylan, che attraverso le parole fa sognare, crea atmosfere uniche che hanno conquistato il mondo grazie al loro misticismo.
All’epoca il rock elettrico ed essenziale di queste 9 tracce fece entrare nel calderone dei dischi punk anche questo disco, ma ora a distanza di tempo, dopo Iggy Pop and The Stooges, Ramones, Clash e Sex Pistols si prende le distanze da un’affermazione del genere. Lei è altro. È una delle donne più scatenate e maledettamente rock che ci siano mai state, ed è vedova di un grandissimo del rock’n’roll come Fred ‘Sonic’ Smith, chitarrista degli MC5.

“Horses” quindi è il suo primo lavoro ed è prodotto da John Cale, una delle figure più sperimentaliste del rock di quegli anni, (ricordate la viola stridente di Heroin dei Velvet Underground?). Contiene alcune delle migliori canzoni di Patti Smith, nonostante poi negli album successivi abbia sfornato alcune delle sue hit più famose. Ma in questo disco c’è “Gloria”, cover dei Them di Van Morrison nonché traccia d’apertura (“Jesus died for somebody’s sins but not mine”) c’è la reggaeggiante “Redondo Beach”, malinconica storia del suicidio di una ragazza, c’è “Land” suddivisa a sua volta in tre parti: “Horses”, “Land Of Thousand Ballads”,  “La mer(de)”. E per concludere c’è una cover di “My Generation” degli Who con John Cale al basso.
Forse qualcuno che leggerà questa recensione, l’avrà apprezzata a Villa Ada il 6 Luglio in versione acustica accompagnata da Lanny Kaye alla chitarra e la figlia Jessie Smith al piano.

Marco Casciani   
Urloweb.com