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A rischio il progetto di Tim sulle Torri dell’Eur

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Il Comune di Roma revoca il permesso a costruire a seguito dell’inchiesta sugli oneri concessori dovuti, come previsto, troppo bassi

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L’ADDIO DI TIM ALLE TORRI – Due note testate, il Fatto Quotidiano e il Messaggero, hanno oggi reso nota una triste notizia che mette a repentaglio il futuro della riqualificazione del quartiere Eur e in particolare di una delle sue parti più importanti, al centro di polemiche e di preoccupazioni da tempo: le Torri dell’ex Ministero delle Finanze che, tra poco più di un mese, non si potranno più chiamare, ufficialmente, “Torri Tim”. “Entro il 30 settembre – si legge sul Fatto Quotidiano – Telecom Italia ufficializzerà l’addio al progetto del nuovo quartier generale che sarebbe dovuto nascere a Roma nelle ‘Torri di Ligini’ nel quartiere Eur. Alla base del tramonto del piano, voluto dall’ex amministratore delegato Marco Patuano e mai piaciuto all’attuale numero uno Flavio Cattaneo, c’è la revoca del permesso di costruzione decisa a fine luglio dal Comune di Roma”.

GLI ONERI CONCESSORI TROPPO BASSI – Tutto nasce dagli oneri concessori dovuti per il progetto ridotti inizialmente di un quarto rispetto a quelli preventivati. Manovra che era stata oggetto di un’inchiesta del Messaggero che avevamo riportato sulle nostre pagine, secondo la quale per le Torri Tim sarebbero stati pagati 24 milioni di oneri concessori a fronte della cifra prevista inizialmente, tra i 60 e gli 80 milioni, come se si trattasse di una riqualificazione urbana e non di una ristrutturazione privata. Ad oggi quello che si apprende è che dei 24 milioni stimati ne sarebbe stato pagato solamente 1, per questo il Comune di Roma ha revocato il permesso a costruire. “La giunta di Virginia Raggi – si legge sul Fatto Quotidiano – ha revocato il permesso – concesso nel dicembre 2015 dal predecessore Ignazio Marino – alla luce delle indagini della procura capitolina sugli oneri di concessione troppo bassi versati da Alfiere, la joint venture tra Telecom e Cdp immobiliare che avrebbe dovuto costruire la nuova sede del gruppo delle telecomunicazioni. Stando a quanto emerso dall’inchiesta Alfiere ha pagato solo 1 milione contro i 24 dovuti per ottenere in concessione i cinque edifici costruiti negli anni Cinquanta ed ex sede del Ministero delle Finanze”. Da qui lo stop al progetto.


INFRASTRUTTURE NON REALIZZATE – Se, come si legge, l’inchiesta della Procura ha reputato, come già avevamo spesso scritto nei nostri precedenti articoli, gli oneri concessori troppo bassi, ciò significa che avevamo centrato il punto della situazione. La riqualificazione delle Torri, che ricordiamo vennero soprannominate “Beirut” a causa del loro stato di abbandono in un nascente e moderno polo congressuale tanto osannato, sebbene potesse essere positiva per il quadrante, avrebbe portato 5000 dipendenti Tim (3000 nelle torri e 2000 a via dell’Arte) senza prevedere alcun tipo di infrastruttura. E, ovviamente, l’avere degli oneri concessori “irrisori” non permette alcun tipo di intervento, nonostante tali opere (come parcheggi e sottopassi) erano preventivate fin da prima della posa della prima pietra della Nuvola di Fuksas e quando sulle Torri ancora aleggiava il progetto residenziale di Renzo Piano, ben meno impattante di un headquarter di un colosso mondiale delle telecomunicazioni. In merito, in questi mesi, nessuno ci ha mai spiegato come si poteva evitare il potenziale “collasso” di un quartiere già saturo di automobili e persone nei giorni feriali e, di conseguenza, come si sarebbe potuti “sopravvivere” senza quelle infrastrutture previste inizialmente, indispensabili per il quadrante. Ora ci domandiamo se questo “silenzio” non fosse la conseguenza di quegli oneri concessori improvvisamente volatilizzati, e con essi le opere collegate. Questo è accaduto perché pur di riuscire a (s)vendere le Torri si è pensato di fare uno “sconto” al privato che le comprasse? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, diceva qualcuno.

NESSUNA PENALE PREVISTA – Secondo quanto si apprende, il progetto di Tim è stato da sempre osteggiato dall’Amministratore delegato di Telecom, Cattaneo, fin da prima della sua carica. Una volta insediatosi a marzo nel ruolo di Amministratore Delegato, però, “la marcia indietro sarebbe stata troppo costosa – si legge sul Fatto Quotidiano – visto che il contratto firmato da Telecom e Cassa depositi e prestiti, che controlla il 100% di Cdp Immobiliare, impone all’ex monopolista penali per 180 milioni di euro in caso di inadempienza. Ora però la revoca dell’autorizzazione fa scattare una delle condizioni sospensive del contratto e consente di sciogliere la joint venture senza costi”. Anche questo punto ci sembra assurdo. Se Tim potrà tirarsi indietro senza costi per qualche cavillo contrattuale che permetterà questa manovra, chi ripagherà i cittadini per i disagi subiti, i cantieri aperti, le svalutazioni degli esercizi commerciali e degli immobili, delle lunghe attese e, soprattutto, del tempo perso per trovare una soluzione valida che avrebbe potuto far rivivere quei prestigiosi immobili abbandonati? E poi: la vendita del vicino albergo Lama era in qualche modo collegata alla riqualificazione delle Torri, in quanto l’hotel, con un panorama “post-atomico” di fronte è ovvio non fosse così appetibile per eventuali acquirenti. E ora? Anche quella diventerà un’opera non utilizzata? E altro collegamento, la Nuvola, che verrà “inaugurata” a fine ottobre. Tutto questo significa che il nuovo polo congressuale dell’Eur, di Roma e dell’Italia, competitivo a livello mondiale per quanto si era detto, non avrà il suo albergo di lusso e, per di più, godrà del panorama decadente delle Torri nuovamente abbandonate? Un ottimo biglietto da visita, non c’è che dire.


NESSUN NUOVO HEADQUARTER PER TIM – Il Messaggero scrive che “Telecom non intende cercare un altro headquarter, ma ottimizzerà l’uso delle sedi già occupate riducendo di conseguenza i costi. Secondo indiscrezioni il piano di recupero delle Torri dell’Eur valeva 120 milioni. Il taglio già annunciato da Telecom ai costi immobiliari era di 150 milioni e ora l’Amministratore delegato Flavio Cattaneo ha l’occasione di migliorare il suo obiettivo”. Ribadiamo che Tim non pagherà penali per questo e, ed è sotto gli occhi di tutti, per qualche mese le Torri sono state anche terreno di pubblicità gratuita per l’azienda, che aveva ricoperto con il suo marchio gli edifici fatiscenti durante i lavori di riqualificazione. La manovra è stata pulita, senza sbavature apparentemente. Ma i cittadini e la città di Roma restano nuovamente i soggetti più danneggiati dagli ennesimi progetti non andati in porto.

DI CHI SONO LE RESPONSABILITÀ? – Ora quello che c’è da capire è di chi sono le responsabilità di tutto questo. Qualora fossero del privato è logico che lo stesso paghi delle penali. Qualora, di contro, fossero del pubblico, bisognerà finalmente capire come è possibile che tali operazioni passino in sordina senza che nessuno le denunci e trovare un modo per cui esse non si ripetano. Chi ha colpa deve pagare, gli sconti in una città martoriata come Roma non possono essere più accettati.


IL FUTURO DELL’EUR – Ciò che ci aspettiamo, e che i cittadini attendono da tempo, è che con la stessa celerità e intraprendenza con cui sono stati fatti al mondo dell’informazione gli annunci di salvataggio delle Torri, si spieghi cosa effettivamente sta succedendo, con trasparenza e definizione di responsabilità, e finalmente si chiarisca una volta per tutte cosa ci riserverà il futuro per il quadrante.


Serena Savelli