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Curiosità sul mito di Ercole

ercole e lica

Secondo alcune fonti come l’Eneide e le Satire di Orazio, sull’Aventino viveva Caco, un mostruoso gigante a tre teste, ognuna delle quali in grado di sputare fuoco dalla bocca.

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La creatura aveva un aspetto scimmiesco in quanto il suo corpo era ricoperto da un manto peloso.

Un giorno Ercole, dopo avere assolto la sua decima fatica che consisteva nel liberare i buoi di Gerione, si trovava a passare nei pressi del luogo in cui sarebbe sorta Roma. Mentre l’eroe dormiva, Caco che era un ladro esperto, gli rubò i buoi tirandoli per la coda e facendo perdere così le loro tracce. Al suo risveglio Ercole non riuscì più a trovarli e iniziò una lunga ricerca che terminò quando udì il loro muggire provenire da una grotta sull’Aventino, il cui ingresso era chiuso da un masso che Ercole, grazie alla sua nota forza, spostò senza alcuna fatica. Nello stesso momento stava arrivando Caco che, ignorando le doti del suo avversario, gli lanciò contro alcune fiamme. L’eroe non rimase minimamente danneggiato e uccise il suo nemico, stringendolo al collo. La notizia dell’uccisione del mostro fu divulgata in tutta la zona ed Ercole ricevette grandi onori tra cui la costruzione di una magnifica ara, dedicatagli da Evandro, sulla quale sacrificare una giovenca bianca. Fu costruito un edificio dove venerare l’ara di Ercole. Dal 499 la struttura divenne la chiesa di Sant’Anastasia e sorge sulla piazza omonima lungo la via di San Teodoro. In seguito l’ara di Ercole fu spostata nella cripta di Santa Maria in Cosmedin in piazza Bocca della Verità.
Ad Ercole è legata anche la locuzione “appendere al chiodo” che si usa in senso figurato quando si vuole alludere al fatto di abbandonare un’attività.
Tale modo di dire ha avuto origine nell’antica Roma quando i gladiatori dopo essere stati liberati andavano a rendere omaggio ad Ercole appendendo le armi che avevano usato in combattimento alla parete del tempio a lui dedicato.

Massimiliano Liverotti