L’editoriale di Urlo sull’Esposizione di Milano
Dopo tante parole spese sull’argomento, ecco che l’Esposizione Universale ospitata da Milano è finalmente partita. Un evento unico, scintillante, presentato in pompa magna come un’occasione importante per dare lustro al nostro Paese. Fino a fine ottobre il capoluogo lombardo sarà teatro della più grande kermesse mai realizzata sull’alimentazione e la nutrizione e darà modo ai visitatori di approfondire queste tematiche su più livelli, facendogli scoprire le eccellenze della tradizione gastronomica di ogni Paese. Sulla carta, tutto perfetto insomma: finalmente si parla dell’Italia per qualcosa di positivo. Sappiamo tutti che, come già accaduto in passato, il prestigio di tali eventi nasconde mille lati oscuri di cui i media sono voraci predatori. Nonostante ciò probabilmente il biglietto per l’Expo lo compreremo quasi tutti, perché resta un evento che difficilmente avremo occasione di rivedere a breve nei nostri confini nazionali.
È interessante notare come le tematiche di questa edizione cozzino esplicitamente con il panorama attuale, non solo italiano. Se è pur vero che quando si parla di cibo è difficile non pensare al nostro Paese, è altrettanto noto che ultimamente non ce la passiamo affatto bene. Non è di certo trascurabile il fatto che ci sono molte famiglie che hanno valicato la soglia di povertà, o di migliaia di persone che ogni giorno non sanno come rimediare un pasto (e se non ci fosse tutto l’associazionismo che provvede a loro, probabilmente nemmeno sopravvivrebbero). Ma non solo. L’Expo, in questo momento storico, potrebbe cozzare con una serie di esempi pressoché infiniti: i migranti morti nel canale di Sicilia e quelli che arriveranno, che di fame sicuramente nei loro paesi ne soffrono tanta; la tragedia del Nepal e dei suoi abitanti, che ora vivono di stenti e in difficoltà estreme; un ecosistema sempre più massacrato, con tutte le problematiche legate all’agricoltura, intossicata dai veleni e dal lavoro nero, dallo sfruttamento indiscriminato della terra, dalla scarsità di acqua. E cozza con un concetto di alimentazione che ormai è bel lontano da quello stereotipo positivo di cui eravamo assoluti protagonisti: cibo come sinonimo di condivisione, dello stare insieme.
In un mondo dove il cibo slow ha lasciato il posto a quello fast (e ricordo, polemicamente, che l’Expo ha come sponsor McDonald’s e come “official drink” Coca Cola) la concezione di un’Esposizione Universale di questa portata ha solo un appellativo con cui può essere descritta: ossimoro. Un evento che, proprio come il “junk food” (che tutti aborrano e tutti consumano) è bello fuori ma, prevedibilmente, scadente dentro. L’indotto economico e il disquisire su certe tematiche è cosa buona e giusta, per carità. Ma quanto è realmente utile?
Serena Savelli