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    Stadio: il fronte del No chiede più trasparenza sulle procedure

    stadio 139

    “Trasporti sottostimati, rischio idrogeologico e peso paesaggistico”, questi gli elementi di contrarietà

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    Tratto da Urlo n.139 ottobre 2016

    TOR DI VALLE – In attesa che i lavori della Conferenza di Servizi producano nuovi elementi su cui dibattere, il fronte del “No allo Stadio”, ma soprattutto al Business Park, si organizza. Il 12 ottobre il Comitato “Salviamo Tor di Valle dal cemento” ha organizzato una tavola rotonda per sottolineare i motivi del dissenso al progetto. Presenti all’iniziativa Italia Nostra, Legambiente, il WWF e il Comitato pendolari Roma-Ostia, tutte realtà schierate fin dall’inizio per la salvaguardia del territorio. “Dopo quasi due anni, con il cambio di maggioranza in Campidoglio, ci si aspettava che il tutto decadesse – introduce Bruno Ceccarelli del Comitato Salviamo Tor di Valle dal cemento – Invece a settembre si è annunciato che la documentazione progettuale era a posto”. In questo modo è andato avanti il procedimento, con l’apertura della Conferenza di Servizi regionale. Ma c’è qualcosa che non convince gli esponenti del Comitato, ed è la lettera della Regione, con cui si convoca la Conferenza, che riporta le indicazioni del Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale (non dell’Assessore) circa la possibilità di ulteriori modifiche al progetto, compresi i caratteri della variante necessaria. “In sostanza – spiegano dal Comitato – si certifica il superamento delle prescrizioni inderogabili che la delibera comunale, nel riconoscimento dell’interesse pubblico, aveva inserito”. Inoltre nella stessa nota della Regione si afferma che la conclusione di questo procedimento (cioè l’approvazione in Giunta Regionale) sostituirebbe ogni autorizzazione necessaria. “Ci pare davvero una furbata concertata dalla due istituzioni – aggiunge Bruno Ceccarelli del Comitato – L’Assemblea Capitolina viene espropriata della sua funzione e delle sue responsabilità? È anche un modo per nascondere la contrarietà manifestata in campagna elettorale dalla nuova maggioranza sul progetto?”.

    Oltre le perplessità rilevate sul piano del procedimento amministrativo, da Italia Nostra si torna a puntare su uno dei capisaldi del fronte del “no”, cioè il rischio idrogeologico: “È un’operazione urbanistica su un luogo fragile – afferma Oreste Rutigliano – Le piane alluvionali del Tevere vanno salvate e destinate a parchi fluviali; nonostante il Piano Regolatore individui questa zona come “verde privato”, la nostra battaglia deve essere quella di trasformarla in verde pubblico”. Una posizione sostenuta con forza anche dal WWF con Raniero Maggini: “Ci troviamo su un’area alluvionale: nel 1959 l’ippodromo finì sott’acqua, e per sopperire a questo verrà rialzato il piano campagna. Bisogna ricordare che questa non è un’opera pubblica, ma un intervento privato a uso pubblico. Il Comune parla di ‘Centralità Stadio’ – seguita Maggini – ma la vera centralità sarà il business park”. Per il rappresentante del WWF il tema è soprattutto di volontà politica: “In questo momento c’è una forza politica in discontinuità con le amministrazioni precedenti – seguita – Io ricordo che Di Maio disse ‘no’ allo stadio, ma ora che è successo? Basta la volontà politica per intervenire anche sugli atti passati”. È un discorso di sistema quello introdotto invece da Roberto Scacchi di Legambiente: “Ci sono quattro anse del Tevere ancora libere: Saxa Rubra, il bacino Reniero, l’area dell’Aeroporto dell’Urbe e Tor di Valle. A Roma 1135 ettari sono considerati a massimo rischio idrogeologico dall’Autorità di bacino. In questi luoghi vivono e lavorano 100mila persone. I rischi sono enormi, soprattutto per l’impermeabilizzazione del suolo, per questo non si può dimenticare che per lo Stadio è previsto un parcheggio enorme, che contribuirà a questo fenomeno”.

    Da Legambiente, che in più occasioni ha insignito la Linea del Premio Caronte, non poteva mancare un passaggio sulla Roma-Lido, “la peggiore ferrovia in concessione in Italia e una situazione di imbarazzo per la Capitale”. Argomentazione approfondita da Maurizio Messina del Comitato pendolari Roma-Ostia: “La Linea è una dorsale importante che è stata sottostimata, bastano pochi calcoli per capirlo – dati più volti analizzati anche dal nostro giornale, ndr – Sull’area insisteranno flussi diversi, quello quotidiano verso e da il Business Park (che dovrebbe ospitare circa 13.500 persone), assieme a quello relativo ai fruitori dello stadio – seguita Messina – Non c’è uno studio trasportistico, ma solo una simulazione degli spostamenti relativi allo Stadio Olimpico, così come non c’è una rilevazione dei flussi sull’Ostiense, lavoro che stiamo invece portando avanti noi come Comitato”. Con queste premesse si passa poi ad analizzare la portata dei trasporti: “Oggi la Roma-Lido ha un treno ogni 10 minuti nelle ore di punta, mentre uno ogni 15 è presente nelle altre fasce orarie – spiega Messina – Ogni treno trasporta 1200 persone, quindi 4800 ogni ora”. Numeri inferiori alle necessità dei flussi dell’area, anche se si considera la linea ferroviaria proveniente da Fiumicino verso la stazione di Magliana (anche in questo caso un treno ogni 15 minuti ma con una capacità inferiore). “Inoltre la Roma-Lido chiude alle 23.30 e la linea ferroviaria ha l’ultimo treno in partenza alle 23 – proseguono dal Comitato pendolari – un aumento delle corse sarebbe a carico di Atac e di Trenitalia, considerando la situazione delle aziende non credo che questo sarà possibile”. Anche per questi motivi servono soluzioni per alleggerire la pressione sul trasporto pubblico nell’area, potenziandolo (come spesso sottolineato dal nostro giornale) attraverso gli investimenti promessi dalla Regione Lazio (proprietaria della linea) sulla Roma-Lido, circa 180 milioni di euro, sommati a quelli provenienti dal costruttore, oltre che una programmazione di interventi e finanziamenti a medio-lungo termine sulla direttrice che la trasformi in metropolitana. Il tutto per fare in modo che l’interesse pubblico si realizzi veramente. “Anche se fossero stanziati oggi – seguita Messina – prevedono procedure e lavori che dureranno anni. E intanto si continueranno ad intasare la via del Mare e l’Ostiense che, nonostante il raddoppio, formeranno un ‘tappo’ dato che l’intervento è limitato alla sola area prospicente Tor di Valle”. 

    In conclusione le richieste dei comitati e delle associazioni si riassumono nella maggiore trasparenza possibile nel procedimento e su tutti gli atti del progetto, assieme ad una “vecchia e nuova” proposta: “Abbiamo fatto richiesta di partecipazione al procedimento della Conferenza di Servizi regionale e al tempo stesso chiediamo che ogni atto o passaggio, che comporti scelte politiche e gestionali, sia fatto conoscere – conclude Ceccarelli, avanzando poi l’ipotesi sposata dai comitati – La realizzazione di un importante Parco Fluviale e una possibile destinazione di aree per verde pubblico e per uso agricolo”. Una proposta nuova, e vecchia allo stesso tempo, tant’è che un progetto simile esiste ed è già stato valutato positivamente dall’allora Municipio XII (oggi IX). A ricordare questa vicenda è il WWF, estensore e promotore della progettualità: “Il WWF nei primi anni 2000 realizzò un progetto di riqualificazione dell’area – spiega Rodolfo Maggini – Anche attraverso l’utilizzo dei casali esistenti ad uso sociale. L’obiettivo era quello di favorire un’agricoltura qualitativa e la protezione dell’area, anche attraverso una importante opera di forestazione unica nel suo genere”. Naturalmente questo tipo di intervento aveva bisogno di uno stanziamento di risorse, “che per lo Stadio si trovano – concludono dal WWF – ma per il Parco fluviale no”.

    Leonardo Mancini