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MANU CHAO – CLANDESTINO

Clandestino di Manu Chao esce nel 1998, tre anni dopo lo scioglimento dei Mano Negra: un disco che, a quindici anni, ho ascoltato ripetutamente per tutta l’estate del 2001. Quello stesso anno stava uscendo il secondo album da solista, Proxima Estacion: Esperanza, senza riuscire a raccogliere lo stesso successo di Clandestino, nonostante il fortunato singolo “Me Gustas Tu”. Esistono musicisti che ci hanno accompagnato per un intero tratto della vita e Manu Chao di certo ha risuonato più di una volta per gran parte dell’adolescenza di molti. Soprattutto quell’estate torrida, in cui qualcuno ha iniziato a fumare di nascosto, l’anno in cui la Roma ha vinto il suo ultimo scudetto e noi amici, le volte che non si andava al mare, ci chiudevamo nell’auto dei nostri genitori a sentire musica per ore. Il porta cd era zeppo di dischi, la maggior parte pirata. Non è bello annunciarlo ai quattro venti ma in quegli anni, prima Napster e poi Emule, sono diventati l’assistente sociale che ci ha concesso di sentire tutta la musica che non riuscivamo a permetterci. Manu Chao con gli anni l’ho perso di vista. Difficilmente la radio passa ancora qualche suo brano, ma quando ho risentito il disco per scrivere questo pezzo sono risalito su quel bel treno emotivo passato cominciando a rivivere le emozioni di un tempo. Nel 2001 prese posizioni no global partecipando ad un concerto contro il G8 di Genova che, come ricorderemo tutti, culminò con gli orrori di Stato più gravi del nuovo millennio. Clandestino ha venduto 5 milioni di copie ed è diventato una pietra miliare della musica; un disco di culto ed un album in grado di portare la canzone politica con forza nel pop mondiale e fissare degli standard musicali ripresi in seguito da molti artisti.

Riccardo Davoli

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